CURA ITALIA E FONDO DI GARANZIA PMI: L’ESCUSSIONE DELLA GARANZIA

UN PERCORSO AD OSTACOLI

La garanzia pubblica

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Raramente le leggi si approvano per venire incontro alle esigenze dei cittadini, più spesso per motivi diversi, per rispondere ad esigenze del momento o ad interessi particolari.

Sotto tanti aspetti, il procedimento di formazione delle nostre leggi assomiglia al processo industriale, senza tuttavia riguardo al risultato: la norma ricorda il prototipo, il numero zero di un prodotto, mentre i provvedimenti di attuazione, il pezzo finito, quasi sempre diverso dall’originale.

Quest’anno, alla metà del mese il marzo, il Governo, spaventato dalla progressione della pandemia e dalle sue conseguenze economiche, decise di intervenire nel mercato del credito per aiutare le piccole e medie imprese (PMI), concedendo la moratoria degli impegni assunti con le banche, impegni che, senza colpa, non avrebbero potuto rispettare.

Ecco allora il decreto 18 del 17 marzo 2020, il primo di una lunga serie, chiamato ambiziosamente “cura Italia”.

Col “cura Italia” lo Stato ha assegnato al Fondo di garanzia costituito presso il Mediocredito Centrale s.p.a.[1] nel 1996 (art. 2, c. 100, l. 23-12-1996, n. 662), dotato per l’occasione di una sezione speciale, il compito di garantire alle banche le conseguenze della moratoria concessa nel caso di inadempimento delle PMI (art. 56, commi 2 e 6, d.l. 18/20).

La moratoria ha previsto:

√. il divieto di revocare le aperture di credito o gli anticipi sui crediti con contestuale possibilità di utilizzare gli affidamenti sino al 31 gennaio 2021;

√. la proroga dei prestiti non rateali in scadenza prima del 31 gennaio 2021;

√. la sospensione del pagamento delle rate dei mutui, dei finanziamenti rateali, dei leasing, in scadenza prima del 31 gennaio 2021.

In cambio lo Stato ha garantito a banche, intermediari, assicurazioni un terzo degli affidamenti utilizzati dal cliente rilasciando una fideiussione gratuita, di natura sussidiaria (art. 56, comma 7).

L’escussione secondo l’art. 56

La garanzia pubblica scatta in caso di inadempimento o di mancato pagamento da parte della PMI, beneficiaria delle citate misure di sostegno.

Secondo l’ottavo comma dell’art. 56:

«l’escussione della garanzia può essere richiesta dai soggetti finanziatori se siano state avviate, nei diciotto mesi successivi al termine delle misure di sostegno, di cui al comma 2, le procedure esecutive in relazione: 1 all’inadempimento totale o parziale delle esposizioni di cui al comma 2, lettera a) [utilizzo aperture di credito ed anticipi fatture]; 2) al mancato pagamento, anche parziale, delle somme dovute per capitale e interessi relative ai prestiti prorogati ai sensi del comma 2, lett. b) [proroga dei prestiti non rateali con scadenza anteriore al 31/1/21]; 3) all’inadempimento di una o più rate dei prestiti o canoni di leasing sospesi ai sensi del comma 2, lett. c). In tal caso, i soggetti finanziatori possono inviare al Fondo di garanzia per le PMI la richiesta di escussione della garanzia riferita ai prestiti e agli altri finanziamenti di cui al comma 2, lett. a), b) e c) corredata da una stima della perdita finale a carico del Fondo. Per la fattispecie di cui al comma 2, lett. c) [mancato pagamento delle rate], la garanzia è attivabile con i medesimi presupposti di cui sopra, nei limiti dell’importo delle rate o dei canoni di leasing sospesi sino al 31 gennaio 2021.Il Fondo di garanzia, verificata la legittimità della richiesta, provvede ad aggiornare i relativi accantonamenti».

Precisano i successivi commi che:

«il Fondo di garanzia, verificata la legittimità della richiesta, provvede a liquidare in favore del soggetto finanziatore, entro 90 giorni, un anticipo pari al 50% del minor importo tra la quota massima garantita dalla Sezione speciale [del Fondo] prevista dal comma 6 e il 33 per cento della perdita finale stimata a carico del Fondo di cui al comma 8» (comma 9);

«il soggetto creditore beneficiario della garanzia può richiedere entro 180 giorni dall’esaurimento delle procedure esecutive, la liquidazione del residuo importo dovuto a titolo di escussione della garanzia del Fondo. Entro trenta giorni dalla data di ricevimento della documentata richiesta di escussione il Fondo di garanzia provvede alla corresponsione dell’importo spettante ai beneficiari della garanzia» (comma 10).

I commi dedicati all’escussione della garanzia sono abbastanza dettagliati e configurano la procedura da seguire per ottenere l’agognato beneficio.

L’inizio è l’inadempimento della PMI, che, per logica, non può che verificarsi dopo il 31 gennaio 2021.

Accertato l’inadempimento del cliente, la banca non può perdere tempo, perché entro il 31 luglio 2022 [18 mesi dopo il 31 gennaio 2021, termine di scadenza delle misure di sostegno] deve avviare le procedure esecutive contro l’impresa debitrice; ciò significa che: i) non potrà tollerare anche il minimo inadempimento del cliente, ii) dovrà [già dal primo febbraio 2021] affrettarsi a risolvere il rapporto ovvero a dichiarare la decadenza dal beneficio del termine, iii) correre a munirsi del titolo esecutivo e, cioè, fatto salvo il mutuo munito di formula esecutiva, ottenere dal tribunale competente un decreto ingiuntivo di pagamento, notificarlo al debitore affinché diventi esecutivo e, previo precetto, eseguire il pignoramento.

In diciotto mesi? Difficile, quasi impossibile se si pensa che anche il creditore più veloce non potrà che cedere il passo di fronte ai tempi di emissione dei decreti ingiuntivi, ingolfati dagli arretrati accumulati dopo il lavoro in smart per quasi tutto il 2020.

Che dire poi degli accidenti della vita, degli “imprevisti” di Monopoli: e se il debitore chiedesse una dilazione del pagamento del debito, che convenienza avrebbe la banca a concederla, a fronte del pericolo di decadere dalla garanzia? E se la PMI decidesse di opporsi al decreto ingiuntivo? Come poter avviare l’azione esecutiva in tempo?

Ma ammettiamo – per ipotesi – che il creditore ce l’abbia fatta e sia riuscito ad avviare tempestivamente l’azione esecutiva, che il Fondo abbia accettato la richiesta di escussione e versato l’acconto del 50% [previsto dal nono comma], potrebbe allora riposarsi ed attendere il sospirato pagamento? Naturalmente, terminata la procedura esecutiva e dedotto il ricavato?

No. No, perché dopo la conclusione dell’azione esecutiva, deve chiedere al Fondo – cioè al suo fideiussore – la liquidazione del residuo dovuto entro i 180 giorni successivi all’esaurimento della procedura esecutiva. La norma (il comma 10) dice genericamente che il soggetto creditore beneficiario della garanzia può richiedere entro quel termine la liquidazione, ma non spiega cosa succederebbe dinanzi ad una domanda tardiva o dimenticata.

A questo punto non si può che andare alle Modalità operative approvate dal Ministro dello sviluppo economico (Mes).

L’escussione secondo le Modalità operative del Mes (paragrafi G, I)

L’art. 56 non è semplice e, tantomeno, ben scritto, ma di leggi così ce ne sono tante in Italia e la pratica e le buone prassi avrebbero rimediato alle lacune ed alle parti oscure; vero è che, se l’articolo fosse stato inserito in una direttiva europea, sarebbe stata la classica norma self-executing: tanto specifica da poter essere immediatamente applicata.

Non è andata così. Senza alcuna delega legislativa, su richiesta dello stesso garante, il gestore del Fondo ovvero la Banca del Mezzogiorno-Mediocredito Centrale s.p.a., il Ministro dello Sviluppo economico con il decreto del 9 luglio scorso ha riscritto integralmente la disciplina della garanzia con le citate Modalità operative (di seguito, le Modalità).

Nelle intenzioni, si voleva chiarire e completare l’art. 56, ma – e qui sta il punto – avendo come faro solo gli interessi del garante e non quelli dei creditori che si doveva garantire, con un risultato non poteva essere peggiore.

Partiamo dal lessico.

Secondo la migliore tradizione anglosassone, le Modalità sono aperte dal glossario dei termini, con l’estensore che chiarisce cosa sia l’inadempimento di un’obbligazione pecuniaria, e cioè l’inadempimento delle obbligazioni oggetto della moratoria: non ce n’era francamente bisogno perché se l’inadempimento è il “mancato pagamento” del dovuto o l’assoggettamento del debitore ad una procedura concorsuale si è detta un’ovvietà che si studia al primo anno di giurisprudenza.

Dalle ovvietà alle addizioni: le Modalità regolamentano l’”avvio delle procedure di recupero”, ma di queste procedure non c’è traccia nell’art. 56, che parla semmai delle procedure esecutive: «l’escussione della garanzia può – infatti – essere richiesta dai soggetti finanziatori se siano state avviate nei diciotto mesi successivi al termine delle misure di sostegno…le procedure esecutive (comma 8), per poi ripetere – nel comma 10 – che il beneficiario della garanzia può chiedere la liquidazione del saldo di quanto dovuto «entro 180 giorni dall’esaurimento delle procedure esecutive».

Le Modalità, dimentiche delle procedure esecutive, spiegano cosa siano quelle di recupero: si tratta della lettera con cui si intima il pagamento delle somme dovute, del ricorso per ingiunzione di pagamento, della domanda di ammissione del credito, o simili, ad una procedura concorsuale.

Resta il fatto – davvero insuperabile – che l’art. 56 non ha subordinato l’escussione della garanzia all’avvio delle procedure di recupero, ma di quelle esecutive e cioè di quelle procedure giudiziali che iniziano con il pignoramento come stabilisce l’art. 491 c.p.c.

Andiamo comunque oltre e soffermiamoci sulle sanzioni irrogabili alla banca o all’intermediario che lo Stato voleva indennizzare in cambio della moratoria.

Si permetta però una domanda retorica: possono le Modalità operative, che non sono un regolamento delegato, e che sono state scritte dallo stesso garante, in palese conflitto di interessi (v. art. 6-bis, l. 241/1990 sul procedimento amministrativo) annullare o rendere oltremodo difficile l’escussione della garanzia, inserendo termini perentori, sanzioni d’inefficacia, improcedibilità, allegazioni documentali, nessuno previsto dalla legge?

Non potrebbe, ma lo ha fatto.

Le sanzioni d’inefficacia della garanzia, lasciate dal Ministro al totale arbitrio del gestore del Fondo, sono addirittura sette, se non si conta – e sarebbe l’ottava – l’unica ragionevole, quella cioè che collega l’inefficacia al difetto dei requisiti della PMI per accedere alla garanzia (Par. i, punto 2, lett. a).

La garanzia pubblica è dunque inefficace:

√) innanzitutto, se non vi sia rispondenza sostanziale tra la documentazione fornita dalla banca richiedente e quella allegata alla richiesta di ammissione alla garanzia (Par. I, punto 1);

√) se la garanzia è stata concessa sulla base di dati, notizie o dichiarazioni mendaci, inesatte o reticenti che il richiedente (ndr. la banca beneficiaria) avrebbe potuto verificare con la dovuta diligenza professionale (Par. I, punto 2, lett. e);

√) se il beneficiario non ha avviato le azioni di recupero entro 18 mesi dalla data del termine delle misure (Par. I, punto 2, lett.b);

√) se il beneficiario non ha comunicato al gestore del Fondo l’avvio delle azioni di recupero entro sei mesi (Par. G, punto 5);

√) se il beneficiario non ha usato la diligenza professionale nell’avvio e nella prosecuzione delle azioni di recupero, assumendo ogni iniziativa utile per tutelare le ragioni di credito e contenere la perdita del Fondo (Parr. G, punto 6 e I, punto 2, lett. d): all’inutile richiamo alla diligenza del creditore (arg. ex art. 1957 c.c.), si aggiunge la facoltà per il gestore del Fondo di sindacare l’operato del creditore applicando criteri tutti funzionali ai suoi interessi, in un’evidente situazione di conflitto col garantito;

√) se il beneficiario non ha inviato al gestore del Fondo i documenti richiesti entro tre mesi (Par. G, punto 12);

√) se la richiesta di escussione è stata presentata al gestore del Fondo dopo 180 giorni dalla conclusione delle procedure di recupero (ndr. secondo il comma 10 dell’art. 56, dall’esaurimento delle procedure esecutive) o dall’accertata irrecuperabilità del credito (ndr. come?).

All’inefficacia, si somma l’improcedibilità dell’escussione se la banca non avesse inviato tutta (ed è tanta) la documentazione prevista dal punto 10 del Par. G, se non l’avesse inviata tramite il portale dedicato (il c.d. portale FdG) o se l’avesse inviata prima di avviare le procedure di recupero.

Ingenuamente, di fronte a questo vero e proprio percorso ad ostacoli, verrebbe da dire: ma non avrebbe potuto il gestore del Fondo, anziché dichiarare l’inefficacia o l’improcedibilità della garanzia, domandare semplicemente all’interessato di correggere, completare, produrre, emendare quanto fatto – probabilmente in buona fede, visto l’interesse pubblico e privato sotteso alla garanzia – nello spirito di una leale collaborazione tra Stato e privato?

Ma non finisce qui e, come dicevano gli antichi, in cauda venenum.

Secondo l’art. 56 la garanzia pubblica è sussidiaria. Ciò vuol dire che il creditore ha l’onere di chiedere preventivamente l’adempimento al debitore garantito e cioè, nel caso nostro, alla PMI. È lo schema del secondo comma dell’art. 1944 c.c., secondo cui le parti possono convenire che il fideiussore non sia tenuto a pagare prima del debitore principale.

Alla norma civilistica corrisponde l’art. 56, ma le Modalità operative sono andate ben oltre, onerando i creditori, non solo di chiedere l’adempimento al debitore, ma di escutere preventivamente le eventuali ed ulteriori garanzie acquisite (Par. G, punto 15).

Quindi, riassumendo, la banca o l’intermediario finanziario o l’assicurazione, prima di potersi soddisfare della garanzia pubblica introdotta dall’art. 56, dovranno avviare le procedure esecutive (art. 56) o di recupero (? v. Modalità op.) sia contro il debitore principale, che contro gli eventuali altri garanti e, nel frattempo, coltivare la procedura di escussione, schivando sanzioni di inefficacia, improcedibilità e decadenze.

Ne varrà la poi pena per il 33%?

Milano, 17 novembre 2020

Antonio Donvito

[1] Ora Banca del Mezzogiorno-Mediocredito Centrale s.p.a.

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