Più di vent’anni sono trascorsi dall’entrata in vigore del d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231, che ha introdotto nel diritto penale la responsabilità delle persone giuridiche per gli illeciti amministrativi dipendenti da reato. È noto che uno degli aspetti principali della riforma sia stata la previsione di uno specifico organo di controllo all’interno degli enti per presidiare questa nuova responsabilità: l’Organismo di Vigilanza (OdV), la cui indipendenza e l’autonomia sono le condizioni dell’attività di controllo dell’OdV.
Nella pratica, le informazioni provenienti dalle varie articolazioni dell’ente rappresentano una delle condictio sino qua non del giudizio di idoneità del Modello dell’ente, permettendo all’Organismo di rilevare criticità e anomalie nell’attività dell’impresa e consentendo di conseguenza alla società di analizzare e comprenderne i rischi, predisponendo adeguati presidi di risposta e di controllo anche in funzione preventiva.
Beninteso, non ogni informazione trasmessa all’OdV richiede una verifica specifica, ma solo quelle che, secondo la sua discrezionalità, hanno effetto con riferimento sull’idoneità del Modello.
Whistleblowing e Sistema 231
Di assoluta rilevanza in materia è stata la l. n. 179/2017 recante “Disposizioni per la tutela degli autori di segnalazioni di reati o irregolarità di cui siano venuti a conoscenza nell’ambito di un rapporto di lavoro pubblico o privato”, che ha inserito nel d.lgs. n. 231/2001 la disciplina del c.d. whistleblowing, stabilendo il dovere degli enti di adottare misure per favorire l’emersione di fatti rilevanti ai sensi del d.lgs. n. 231/2001 o di illeciti verificatisi nel corso dell’attività dell’impresa.
“Whistleblowing”, letteralmente, “soffiare il fischietto”, indica la persona interna all’ente che denuncia illeciti o violazioni del Modello dell’ente, protetta dalla legge con il divieto di ritorsioni o di atti discriminatori nei suoi confronti.
La denuncia si indirizza all’Organismo di Vigilanza, in quanto unico destinatario dei flussi informativi rilevanti per la 231, proprio per le sue caratteristiche di autonomia e terzietà.
Doverosa – per l’efficacia del whistleblowing – è l’introduzione di procedure interne all’ente dedicate alla ricezione, gestione e valutazione delle segnalazioni, nonché per la tutela del denunciante da eventuali atti ritorsivi o discriminatori.
Uno dei caratteri più complessi del whistleblowing riguarda la valutazione delle segnalazioni da parte dell’OdV.
Nella sua attività istruttoria, l’OdV dovrà prioritariamente verificare come i fatti denunciati si pongano rispetto al Modello ed alle procedure interne dell’ente, nonché se e quanto gli rechino pregiudizio; fatta salva sempre la denuncia agli organi apicali dell’ente e, nei casi più gravi o di mancato intervento correttivo dell’ente, la denuncia all’autorità giudiziaria.
La prima giurisprudenza in tema di Organismo di Vigilanza e di flussi informativi
Sul tema si segnalano i primi interventi dei giudici di merito, del Tribunale di Milano e del Tribunale di Vicenza. La decisione del Tribunale di Milano[1], relativa alle operazioni “Alexandria” e “Santorini” della Banca Monte dei Paschi di Siena, offre spunti di riflessione su come è inteso dai giudici il ruolo dell’Organismo di Vigilanza.
La vicenda consisteva nell’occultamento di perdite per centinaia di milioni di euro, con la contestazione – alle persone fisiche – dei reati di false comunicazioni sociali (art. 2622 c.c.) e di manipolazione del mercato (art. 185 TUF), e – alla banca – degli illeciti amministrativi di cui agli artt. 25-ter e 25-sexies del D.Lgs. 231/2001.
In questo contesto, secondo il Tribunale di Milano, l’OdV della Banca Monte dei Paschi di Siena – rimasto inerte ed inattivo – avrebbe dovuto esercitare un sindacato di merito sulla gestione, anche solo per l’evidente inidoneità del Modello Organizzativo adottato dalla banca, dimostrato dai fatti.
Secondo il Tribunale, il mancato funzionamento dell’Organismo di Vigilanza sarebbe ex se sufficiente a determinare la responsabilità della società, in quanto i suoi componenti si sono «limitati ad insignificanti prese d’atto, nella vorticosa spirale degli eventi (…) che un più accorto esercizio delle funzioni di controllo avrebbe certamente scongiurato (…) per cui non resta che rilevare l’omessa (o almeno insufficiente) vigilanza da parte dell’organismo che fonda la colpa di organizzazione di cui all’art. 6 d.lgs. n. 231 del 2001».
Sulla stessa linea il Tribunale di Vicenza[2] in relazione alla vicenda che ha coinvolto i vertici di un’altra banca, la Popolare di Vicenza e la stessa banca, chiamata a rispondere degli illeciti amministrativi derivanti dai reati di aggiotaggio e ostacolo all’esercizio delle funzioni delle autorità di vigilanza ai sensi dell’art. 25-ter, d.lgs. n. 231/2001.
Anche qui il Modello della banca è stato giudicato inadeguato in ragione dell’inidoneità dell’OdV quanto alla composizione, che non ne avrebbe garantito l’indipendenza e per l’inefficacia delle procedure interne che non avrebbero consentito la trasmissione delle informazioni rilevanti per il controllo, rendendo impossibile all’OdV l’esercizio di un’attività che non fosse formale ed assolutamente inconsistente nella pratica.
Quali conclusioni trarre dalle prime decisioni sulla condotta degli OdVdi fronte a condotte illecite nella gestione di imprese non rilevati nonostante la presenza di informazioni?
Da un lato, si deve prendere atto della prudenza dei giudici che, in una materia nuova ed ai primi passi, hanno escluso che l’Organismo di Vigilanza avesse l’obbligo di impedire gli illeciti, con conseguente inapplicabilità del secondo comma dell’art. 40 c.p. (ndr. “non impedire un evento che si ha l’obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo”); dall’altro, si deve riconoscere che il controllo richiesto all’OdV non è solo mero controllo della compliance aziendale o del rispetto delle forme, ma anche, seppur incidentalmente perché chiamato dalle informazioni veicolate dal whistleblower, delle scelte gestionali dell’ente.
Milano, 3 maggio 2022
Dott. Federica De Biasi
[1] Trib. di Milano, II sez. penale, 7 aprile 2021, n. 10748.
[2] Trib. di Vicenza, 17 giugno 2021, n. 348.