CONTRATTO DI MUTUO E DEPOSITO CAUZIONALE
Secondo una recente sentenza della Cassazione «nel caso in cui venga stipulato un complessivo accordo negoziale in cui una banca concede una somma a mutuo e la eroghi effettivamente al mutuatario (anche mediante semplice accredito, senza consegna materiale del denaro), ma, al tempo stesso, si convenga che tale somma sia immediatamente ed integralmente restituita alla mutuante (e se ne dia atto nel contratto), con l’intesa che essa sarà svincolata in favore del mutuatario stesso solo al verificarsi di determinate condizioni, benché debba riconoscersi come integralmente perfezionato un contratto reale di mutuo, deve però escludersi, ai sensi dell’art. 474 c.p.c., che dal complessivo accordo negoziale stipulato tra le parti risulti una obbligazione attuale, in capo al mutuatario, di restituzione della somma stessa (che è già rientrata nel patrimonio della mutuante), in quanto tale obbligazione sorge – per volontà delle parti stesse – solo nel momento in cui la somma in questione sia successivamente svincolata in suo favore ed entri nuovamente nel suo patrimonio» (Cass. civ., sez. III, 5 maggio 2024, n. 12007).
Se confermata, la decisione, in controtendenza rispetto all’opposto orientamento, consolidato negli anni, avrebbe un notevole impatto sulla pratica degli atti notarili di mutuo e sull’attività di riscossione giudiziale dei crediti.
La Cassazione si confronta nuovamente con la prassi che vede le parti concludere – prima – il contratto di mutuo con un atto pubblico notarile con contestuale erogazione e quietanza della somma finanziata, attestate da dichiarazione raccolta nello stesso atto, salvo – poi – lasciarla alla banca a titolo di deposito cauzionale, per garantire l’adempimento delle condizioni poste a carico del mutuatario (a titolo esemplificativo, l’iscrizione dell’ipoteca sull’immobile dato in garanzia nel grado convenuto, la stipulazione di un contratto di assicurazione contro i rischi di incendio e distruzione dell’immobile, ecc….).
Secondo l’orientamento sino ad oggi seguito, la prassi era compatibile con il tradizionale carattere di realità del mutuo: per il perfezionamento del mutuo non occorre, infatti, la consegna materiale del denaro al mutuatario, bastando il conseguimento della disponibilità giuridica, che si ha quando la banca mutuante crea un autonomo titolo di disponibilità a favore del mutuatario, così da determinare l’uscita della somma dal patrimonio della banca e l’ingresso in quello del mutuatario (Cass. civ., 22 luglio 2019, n. 19654).
In questo contesto, constatato il contrasto tra la sentenza 12007/24 e le precedenti, è utile ripercorrerne i passi per comprendere il ragionamento seguito dalla corte.
Il caso
Con opposizione all’atto di precetto ai sensi dell’art. 615, co. 1, c.p.c. il debitore aveva contestato:
- la carenza della titolarità della creditrice procedente, una spv cessionaria all’esito di un’operazione di cartolarizzazione, non provando la sola allegazione dell’avviso della cessione dei crediti in blocco, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale ex art. 58 Tub, la cessione del credito a favore della spv precettante;
- la validità degli atti di riscossione dei crediti cartolarizzati perché il relativo incarico non è stato conferito ad un intermediario finanziario iscritto all’albo degli intermediari previsto dall’art. 106 Tub;
- l’efficacia come titolo esecutivo del contratto di mutuo ai sensi dell’art. 474, co. 2, n. 3), c.p.c.
Il tema che interessa è il terzo motivo di opposizione: le parti avevano stipulato un contratto di mutuo fondiario, nel quale il notaio rogante aveva attestato la circostanza, avvenuta in sua presenza, dell’erogazione alla parte mutuataria della somma finanziata, mediante assegno circolare non trasferibile, assegno che tuttavia veniva depositato su di un conto infruttifero della banca mutuante a garanzia dell’adempimento delle obbligazioni assunte dal mutuatario (ndr. la valida iscrizione dell’ipoteca a garanzia).
Verificato l’adempimento delle obbligazioni, le somme depositate venivano svincolate a favore del mutuatario.
Nel corso dei due gradi del giudizio, sia il Tribunale di Busto Arsizio, che la Corte d’appello di Milano (con la sent. n. 230/2022), rigettavano l’opposizione, ritenendo perfezionato il contratto di mutuo e dotato lo stesso dell’efficacia esecutiva prevista dalla legge per gli atti pubblici notarili.
Il debitore ricorreva in Cassazione, riproponendo i tre motivi di opposizione.
Quanto ai primi due motivi, la Cassazione non accoglieva il ricorso, richiamando il proprio orientamento, secondo cui:
«in tema di cessione di crediti in blocco ex art. 58, d. lgs. n. 385 del 1993, ove il debitore ceduto contesti l’esistenza dei contratti, ai fini della relativa prova non è sufficiente quella della notificazione della cessione, neppure se avvenuta mediante avviso pubblicato sulla gazzetta Ufficiale ai sensi dell’art. 58 del citato d. lgs., dovendo il giudice procedere ad un accertamento complessivo delle risultanze di fatto, nell’ambito del quale la citata notificazione può rivestire…un valore indiziario, specialmente allorquando avvenuta su iniziativa della parte cedente».
Precisa la corte, rifacendosi all’ordinanza n. 17944 della terza sezione del 22 giugno 2023, che «in caso di cessione di crediti individuabili in blocco ai sensi dell’art. 58 T.U.B., quando non sia contestata l’esistenza del contratto di cessione in sé, ma solo l’inclusione dello specifico credito controverso nell’ambito di quelli rientranti nell’operazione conclusa dagli istituti bancari, l’indicazione delle caratteristiche dei crediti ceduti, contenuta nell’avviso della cessione pubblicato dalla società cessionaria nella Gazzetta Ufficiale, può ben costituire adeguata prova dell’avvenuta cessione dello specifico credito oggetto di contestazione, laddove tali indicazioni siano sufficientemente precise e consentano, quindi, di ricondurlo con certezza tra quelli compresi nell’operazione di trasferimento in blocco, in base alle sue caratteristiche concrete».
Circa il conferimento da parte della spv cessionaria dell’attività di riscossione giudiziale ad una società non iscritta all’albo degli intermediari finanziari, con evocata nullità degli atti esecutivi, la corte disattendeva il motivo di ricorso, in quanto «il conferimento dell’incarico di recupero dei crediti cartolarizzati ad un soggetto non iscritto nell’albo di cui all’art. 106 T.U.B. e i conseguenti atti di riscossione da questo compiuti non sono affetti da invalidità in quanto l’art. 2, comma 6, della L. n. 130 del 1999 non ha immediata valenza civilistica, ma attiene, piuttosto, alla regolamentazione amministrativa del settore bancario e finanziario, la cui rilevanza pubblicistica è specificamente tutelata dal sistema dei controlli e dei poteri, anche sanzionatori, facenti capo all’autorità di vigilanza e presidiati da norme penali» (v. conf. Cass, civ., sez. III, ord., 18 marzo 2024, n. 7243) .
Quanto al terzo motivo, secondo cui il contratto di mutuo (impropriamente indicato come condizionato) non avrebbe avuto efficacia di titolo esecutivo, inaspettatamente la Cassazione l’ha accolto, affermando il principio secondo cui «deve escludersi che un siffatto contratto costituisca, da solo, titolo esecutivo, essendo necessario un ulteriore atto, necessariamente consacrato nelle forme richieste dall’art. 474 c.p.c. (atto pubblico o scrittura privata autenticata) che attesti l’effettivo svincolo della somma già mutuata (e ritrasferita alla mutuante) in favore della parte mutuataria, solo in seguito a quest’ultimo risorgendo, in capo a questa, l’obbligazione di restituzione di quella somma».
La sentenza trova riscontro in precedenti arresti di alcune corti territoriali, secondo cui non poteva essere annoverato nella categoria dei titoli esecutivi (di cui all’art. 474, co. 2, n. 3, c.p.c. il contratto di mutuo nel quale la somma, erogata e quietanzata con atto pubblico notarile, fosse stata costituita in deposito cauzionale presso la banca mutuante, a garanzia dell’adempimento delle condizioni poste a carico della parte mutuataria (Trib. Pescara, 12 giugno 2017, in Il caso.it, 2018).
Per il Trib. Avezzano (ord., 27 giugno 2019, in Il caso.it, 2019), dovendosi dare prevalenza all’effettiva volontà dei contraenti e risultando la disponibilità della somma di denaro in capo al mutuatario subordinata alla regolare costituzione dell’ipoteca nel grado convenuto, nessun valore poteva avere la quietanza rilasciata dal mutuatario nel contratto, tantomeno come titolo esecutivo.
Anticipando, senza saperlo, le conclusioni della Cassazione di cinque anni dopo, secondo i giudici abruzzesi, il mutuo, per essere titolo esecutivo, deve essere integrato da una quietanza rilasciata dopo l’effettivo svincolo delle somme in favore del mutuatario, a prescindere dal fatto che ciò comporti di dover formare un secondo atto pubblico con dispendio di tempi e costi.
Le motivazioni della sentenza n. 12007 del 5 maggio 2024
Per la Corte d’appello di Milano il contratto di mutuo per atto pubblico si era invece perfezionato con la messa a disposizione della somma mutuata in favore della parte mutuataria, non essendo rilevante, in senso contrario, il fatto che la somma venisse successivamente depositata presso la banca mutuante, su un conto infruttifero vincolato all’ordine di quest’ultima.
Messa a disposizione virtuale, ma sufficiente per riconoscere efficacia di titolo esecutivo al contratto di mutuo posto a base dell’atto di precetto ai sensi del citato art. 474.
La sentenza n. 12007, pur confermando il perfezionamento del contratto di mutuo con la consegna e la messa a disposizione della somma in favore della mutuataria, giunge tuttavia a conclusioni opposte quanto all’idoneità del contratto ad essere titolo esecutivo, facendo leva sugli effetti giuridici del deposito della somma nel conto vincolato della banca.
Il deposito cambierebbe, infatti, il quadro: il tema non è allora il perfezionamento del contratto di mutuo, che non si discute, ma se il mutuo abbia l’efficacia del titolo esecutivo
Secondo la corte, contenendo il mutuo pattuizioni ulteriori rispetto alla mera stipulazione (ndr. complessivo accordo negoziale), i giudici d’appello avrebbero dovuto verificare se si fosse creata un’obbligazione attuale di pagamento di una somma di denaro a carico della parte mutuataria ovvero se questa obbligazione diventasse attuale dopo, al verificarsi di condizioni successive alla stipulazione.
In particolare, i giudici d’appello avrebbero dovuto valutare gli effetti giuridici del fatto che la somma ricevuta dalla mutuataria, era stata depositata presso la banca mutuante.
Deposito qualificato come deposito irregolare, con conseguente acquisto della proprietà della somma depositata da parte della banca (art. 1834 c.c.), che l’avrebbe restituita (con lo “svincolo” della somma depositata) al verificarsi dell’adempimento delle condizioni indicate nel contratto (sostanzialmente, l’iscrizione ed il consolidamento della garanzia ipotecaria nel grado convenuto).
Se allora – ripercorrendo il ragionamento della sentenza n. 12007 – la somma finanziata è ritornata (giuridicamente) nel patrimonio della banca per effetto del deposito, uscendo dalla disponibilità della parte mutuataria, su di essa non può gravare l’obbligo della sua restituzione fintantoché dura il deposito.
E sino allo svincolo, così conclude la Cassazione, il contratto di mutuo non avrebbe l’efficacia del titolo esecutivo e tantomeno consentirebbe di avviare l’esecuzione forzata.
Non solo, dopo lo svincolo, il contratto di mutuo, per avere valore di titolo esecutivo, dovrà essere integrato da una (seconda) quietanza, sempre nella forma dell’atto pubblico o della scrittura privata autenticata, che attesti l’erogazione finale al mutuatario.
Prime conseguenze
La decisione è recente ed è presto per dire che inauguri un nuovo orientamento.
Se così fosse, il contratto di mutuo, ipotecario o fondiario, redatto nella forma dell’atto pubblico, che prevedesse dopo l’erogazione della somma e la contestuale quietanza della parte mutuataria il successivo deposito della somma in un conto vincolato a favore della banca mutuante, da svincolare dopo la valida iscrizione dell’ipoteca, non costituirebbe un titolo esecutivo valido per l’esecuzione forzata ai sensi dell’art. 474, co. 2, n. 3, c.p.c.
Per esserlo, svincolate le somme depositate, l’atto deve essere integrato da una nuova quietanza della parte mutuataria, nella forma dell’atto pubblico o della scrittura privata autenticata.
Quasi inutile osservare che ciò comporterebbe, dal punto di vista della prassi, la necessità e l’onere per il creditore ipotecario di munirsi di due distinti titoli che, insieme, andrebbero a formare il titolo esecutivo idoneo all’azione esecutiva: il contratto di mutuo e l’atto di quietanza rilasciato dopo lo svincolo.
Quanto alle azioni esecutive in corso, intraprese sulla base di un contratto di mutuo dalle caratteristiche di quello indagato dalla Cassazione, il rischio, considerando il contenzioso di natura seriale che contraddistingue le controversie bancarie, potrebbe essere il moltiplicarsi delle opposizioni all’esecuzione dirette ad accertare l’illegittimità/invalidità dell’azione esecutiva perché promosse in assenza di un valido titolo esecutivo.
Ed allora il creditore, di fronte a questa prospettiva, in luogo di avviare l’azione esecutiva col precetto, in presenza dello svincolo della somma depositata, senza un nuovo atto di erogazione e quietanza, sarebbe costretto a munirsi di un decreto ingiuntivo di pagamento, sopportandone i cosi ed allungando i tempi della riscossione.
Tra le prime reazioni alla sentenza, si segnala quella del Tribunale di Monza che, aderendo alla sentenza, ha invitato i delegati alle vendite giudiziarie a comunicare ai giudici dell’esecuzione, ai quali compete la verifica dell’esistenza di un valido titolo esecutivo, prima degli esperimenti di vendita, se tra i titoli esecutivi azionati dai creditori vi fossero contratti di mutuo aventi le stesse caratteristiche di quello su cui è intervenuta la Cassazione (v. Trib. Monza, terza sez. civ., nota della presidente, dott.ssa caterina Giovanetti del 20 maggio 2024).
Di contrario avviso il Tribunale di Pescara che, nell’ambito di un giudizio di opposizione all’esecuzione, non ha considerato vincolante il recente orientamento della Cassazione, intanto perché di una sezione semplice e comunque perché la restituzione delle somme mutuate non sarebbe condizionata al loro svincolo (Trib. Pescara, esec., r.g. 29/2021, 4 giugno 2024).
Titolo esecutivo, atto pubblico e mutuo (nozioni[1])
Ciò premesso, è opportuno ricordare che secondo l’art. 474 c.p.c. per promuovere il processo esecutivo il creditore deve avere un titolo esecutivo che documenti l’esistenza di un credito certo, liquido ed esigibile.
È noto che Il titolo esecutivo ha un’efficacia incondizionata e che – possedendolo – non occorre verificare se il credito esista: l’efficacia incondizionata del titolo può venire meno solo a causa di una pronuncia giurisdizionale con attitudine di giudicato che riconosca l’insussistenza del diritto all’esercizio dell’azione esecutiva.
Il giudice dell’esecuzione è chiamato quindi all’interpretazione del titolo esecutivo per diverse finalità e in varie fasi del processo, accertando:
► se il titolo esecutivo azionato sia riconducibile al catalogo dei titoli di cui all’art. 474 c.p.c.;
► se il titolo esecutivo documenti l’esistenza di un credito avente i requisiti della certezza, liquidità ed esigibilità.
Per quanto interessa, ai sensi dell’art. 474, co. 2, n. 3), c.p.c. è titolo esecutivo la dichiarazione negoziale ricevuta dal notaio o da un pubblico ufficiale autorizzato dalla legge a riceverla.
L’atto pubblico è dotato di fede privilegiata ai sensi dell’art. 2700 c.c., in quanto fa piena prova, fino a querela di falso, della provenienza del documento dal pubblico ufficiale che lo ha formato e delle dichiarazioni fatte dalle parti o dei fatti che il notaio o il pubblico ufficiale attesta avvenuti alla sua presenza o da lui compiuti.
Se, venendo alla sentenza in commento, il debitore che ha rilasciato quietanza per un pagamento ricevuto davanti al notaio rogante, quietanza attestata dal pubblico ufficiale, volesse in seguito sconfessarla, non potrebbe esimersi dal proporre querela di falso (SOLDI, op. cit., 179).
Peraltro, la stessa formazione dell’atto pubblico impone al notaio di effettuare una serie di verifiche sul rispetto di legalità, in generale e sul contenuto dell’atto. Ai sensi dell’art. 47 della legge notarile (L. 16 febbraio 1913, n. 89), il notaio deve anche compiere un’indagine sulla volontà delle parti in modo da prevenire questioni di incapacità, vizi della volontà, nonché la divergenza tra la volontà della parte e la sua dichiarazione.
Ad integrare l’opera del notaio, per stabilire le caratteristiche dell’atto pubblico – titolo esecutivo, è intervenuta la giurisprudenza, secondo cui per avere la qualità di titolo esecutivo l’atto pubblico deve recare l’indicazione di un’obbligazione certa e determinata (Cass. civ., 18 gennaio 1983, n. 477; Cass. civ., 19 luglio 2005, n. 15219).
Non potrebbe procedersi, ad esempio, ad esecuzione forzata sulla base di un contratto condizionato di mutuo, perché il contratto non documenta l’esistenza attuale di obbligazioni di somme di denaro, ma debiti pecuniari futuri ed incerti).
Né può essere considerato titolo esecutivo il contratto di apertura di credito, quand’anche stipulato per atto pubblico, poiché l’obbligazione non nasce dalla messa a disposizione di una somma, quanto dalla sua effettiva utilizzazione nei limiti del fido concesso (v. nota 168 a pag. 181 Soldi).
Tornando al contratto di mutuo ed alla vicenda oggetto della sentenza in commento, sulla base dei principi esposti, fin d’ora si può anticipare che il contratto di mutuo, in tanto costituisce titolo esecutivo, in quanto sia corredato da un atto di erogazione e quietanza stipulato per atto pubblico, coevo o successivo, che fissi l’esistenza e la misura del debito e del correlato credito.
Se non è titolo esecutivo il contratto di mutuo condizionato, in assenza di un atto che certifichi l’avveramento della condizione, non è condizionato – e può essere titolo esecutivo – il contratto di mutuo dove la consegna della somma di denaro o la disponibilità giuridica della stessa venga documentata da un atto di erogazione e quietanza concluso nella stessa forma (Cass. civ., sez…, 27 agosto 2015, n. 17195; Cass. civ., 10 maggio 2016, n. 9389).
Consegna del denaro e quietanza: l’orientamento consolidato
Secondo la sentenza n. 12007 la corte d’appello milanese non si sarebbe posta la questione dell’efficacia come titolo esecutivo del contratto di mutuo.
In realtà per la giurisprudenza che si è creata negli ultimi venti anni, la questione della realità del mutuo e del suo perfezionamento, anche con la consegna non materiale, ma virtuale della somma finanziata, se la è posta eccome, in quanto la gran parte delle decisioni era funzionale a qualificare come titolo esecutivo il contratto di credito.
Partendo dalla nozione, si rammenta che il contratto di mutuo, disciplinato agli artt. 1813 e ss. c.c., è definito come il contratto con il quale una parte consegna all’altra una determinata quantità di denaro o di altre cose fungibili, che l’altra si obbliga a restituire con altrettante cose della stessa specie e qualità.
Da sempre il mutuo oneroso è considerato un contratto reale, con la necessità, dunque, della consegna, la c.d. traditio, per il suo perfezionamento, consegna che per la Cassazione, si realizza con la consegna del denaro o con il conseguimento della disponibilità giuridica, attestata dal rilascio della quietanza del mutuatario (nello stesso atto o in un atto successivo), atto indispensabile per dare efficacia di titolo esecutivo al contratto..
Quanto alle due decisioni citate dalla sentenza in commento, a riprova del fatto che la giurisprudenza della Cassazione non si sarebbe occupata dell’efficacia di titolo esecutivo del contratto di mutuo, in realtà esse dicono altro.
La prima (la n. 37654/2021) non si pone il problema, in quanto affronta – dal punto di vista definitorio – la questione del mutuo c.d. di scopo, mentre la seconda, la n. 23149/22, all’esito di una controversia sorta con opposizione all’esecuzione promossa per contestare la validità del mutuo e conseguentemente l’inefficacia dello stesso come titolo esecutivo, afferma che:
«il perfezionamento del contratto di mutuo, con la consequenziale nascita dell’obbligo di restituzione a carico del mutuatario, si verifica nel momento in cui la somma mutuata, ancorché non consegnata materialmente, sia posta nella disponibilità del mutuatario medesimo, non rilevando, a detto fine, che il contratto abbia le caratteristiche del mutuo cd. di scopo, nel quale sia previsto l’obbligo di utilizzare quella somma ad estinzione di altra posizione debitoria verso il mutuante. (Sez. 1, Sentenza n. 1945 del 08/03/1999, Rv. 523924 – 01)».
A questo punto, si riporta l’orientamento della Cassazione formatosi in tema di contratto di mutuo con erogazione e contestuale conferimento della somma (erogata) in deposito cauzionale.
Attingendo all’ordinanza 22 luglio 2019, n. 19654[2], che bene illustra l’orientamento:
- affinché si configuri la consegna richiesta dall’art. 1813 c.c. per il perfezionamento del contratto di mutuo «l’uscita del denaro dal patrimonio dell’istituto di credito mutuante e l’acquisizione dello stesso al patrimonio del mutuatario costituisce effettiva erogazione dei fondi anche se parte delle somme sia versata dalla banca su un deposito cauzionale infruttifero, destinato ad essere svincolato in conseguenza dell’adempimento degli obblighi e delle condizioni contrattuali» (in termini Cass. civ. 27 ottobre 2017, n. 25632; Cass. civ., 27 agosto 2015, n. 17194; Cass. civ., 13 agosto 1999, n. 8634[3]);
- «la consegna idonea a perfezionare il contratto reale di mutuo non va intesa nei soli termini di materiale e fisica traditio del denaro, rivelandosi invero sufficiente il conseguimento della sua disponibilità giuridica da parte del mutuatario, ricavabile (anche) dall’integrazione di quel contratto (di mutuo) con il separato atto di quietanza a saldo» (in termini, Cass. n. 17194/15 e n. 8634/99);
- quanto all’efficacia probatoria della quietanza di pagamento, non solo nei confronti delle parti, ma anche di un terzo, come potrebbe essere il curatore di una procedura concorsuale «la quietanza rilasciata dal creditore al debitore all’atto del pagamento, ha natura di confessione stragiudiziale su questo fatto estintivo dell’obbligazione secondo la previsione dell’art. 2735 c.c. e, come tale, solleva il debitore (la banca mutuante) dal relativo onere probatorio, vincolando il giudice circa la verità del fatto stesso, se e nei limiti in cui sia valere nella controversia in cui siano parti, anche in senso processuale, gli stessi soggetti rispettivamente autore e destinatario di quella dichiarazione di scienza».
Di fatto, si prende atto che la regola della realità ha un rilievo pratico modesto e si adatta poco al mercato del credito, non potendosi prescindere dalle peculiarità del bene denaro, la cui consegna non garantisce solo il godimento al prenditore, ma gli attribuisce – quale proprietario – il diritto di disporne, diritto che può concretizzarsi nel pagamento a favore di un terzo, nell’estinzione di una precedente esposizione debitoria, nel deposito presso la banca a garanzia di qualcosa o in altro ancora[4].
Quietanza di pagamento e deposito cauzionale
Tornando al caso deciso dalla sentenza n. 12007/24, la costituzione del finanziamento in un deposito cauzionale aperto presso la banca, destinato ad essere svincolato una volta iscritta l’ipoteca a garanzia del contratto di mutuo, esprime – con il compimento del fatto stesso – la disponibilità giuridica del mutuatario che gli è stata attribuita con la traditio della somma.
Alla quietanza rilasciata dal mutuatario al momento della sottoscrizione del contratto va pertanto riconosciuta la forza probatoria di un fatto che è realmente accaduto, come testimoniato dal notaio nell’atto.
Così come la parte mutuataria acconsente all’iscrizione dell’ipoteca che garantirà il finanziamento, allo stesso modo è alla sua volontà che va ricondotta la decisione di sottoporre a vincolo il finanziamento col deposito cauzionale presso la banca nelle more dell’iscrizione dell’ipoteca: manifestazione di volontà concepibile solo quando si ha la disponibilità della somma.
In termini conformi è il Tribunale di Roma, secondo cui «costituisce titolo esecutivo idoneo all’esecuzione forzata il contratto di mutuo contenente indicazioni di avvenuta erogazione e quietanza della somma mutuata con contestuale costituzione della stessa, da parte del mutuatario, in deposito cauzionale infruttifero in favore della banca mutuante, destinato ad essere svicolato in conseguenza dell’adempimento di una serie di prestazioni a carico del cliente indicate nel contratto» (Trib. Roma, 16 gennaio 2019[5]).
Il caso sottoposto al Tribunale di Roma decide di una vicenda sostanzialmente uguale a quella della sentenza 12007/24: avviata l’esecuzione sulla base di un contratto di mutuo fondiario, il debitore proponeva opposizione all’esecuzione eccependo, per ottenere la sospensione della procedura esecutiva, l’inidoneità del contratto di mutuo fondiario a costituire titolo esecutivo, in quanto privo del carattere dell’autosufficienza, essendo stati gli importi erogati (con assegni circolari) costituiti in deposito cauzionale infruttifero presso la banca mutuante a garanzia dell’adempimento da parte del mutuatario di alcune prestazioni.
Il Tribunale, ribadito il principio secondo cui per perfezionare il contratto di mutuo, non occorre la traditio, ma il conseguimento della disponibilità giuridica, disponibilità che si ottiene quando il mutuante crea un autonomo titolo a favore del mutuante con l’uscita della somma dal suo patrimonio e l’ingresso nel patrimonio del mutuatario, così ricostruisce i fatti:
- la parte mutuataria riceve la somma dalla banca mutuante con assegni circolari non trasferibili intestati alla parte mutuataria e ne rilascia quietanza;
- la somma mutuata è stata costituita in deposito cauzionale infruttifero acceso presso la banca a garanzia dell’adempimento di una serie di prestazioni indicate nel contratto;
- in caso di inadempimento (alle prestazioni suindicate) alla banca è attribuita la facoltà di risolvere il contratto di mutuo e di utilizzare il deposito suddetto ai fini dell’estinzione del mutuo.
Avvenuta la traditio o la consegna, l’atto di disposizione in forza del quale la somma appena ricevuta viene costituita in deposito cauzionale infruttifero a favore della banca, presuppone necessariamente che il mutuatario sia diventato il proprietario della somma.
In altri termini, la costituzione presso la banca del deposito cauzionale conferma cose: i) il perfezionamento del contratto, ii) l’erogazione della somma e, iii) la quietanza da parte del prenditore, con la conseguenza che la disponibilità giuridica della somma conseguita dal mutuatario e la contestuale quietanza rilasciata nell’atto pubblico, fanno diventare il contratto di mutuo titolo esecutivo ai sensi dell’art. 474, co. 2, n. 3), c.p.c.
La decisione romana si allinea alla giurisprudenza della Cassazione formatasi prima della sentenza n. 12007/2024:
«ai fini del perfezionamento del contratto di mutuo, avente natura reale ed efficacia obbligatoria, l’uscita del denaro dal patrimonio dell’istituto di credito mutuante, e l’acquisizione dello stesso al patrimonio del mutuatario, costituisce effettiva erogazione dei fondi, anche se parte delle somme sia versata dalla banca su un deposito cauzionale infruttifero, destinato ad essere svincolato in conseguenza dell’adempimento degli obblighi e delle condizioni contrattuali» (Cass. civ., sez. I, 27 ottobre 2017, n. 25632).
In altri termini, la costituzione presso la banca di un deposito cauzionale infruttifero corrisponde all’effettiva erogazione della somma da parte della mutuante perché la costituzione realizza concretamente quella piena disponibilità giuridica della somma equivalente alla traditio materiale della somma.
Concludendo
Quali delle argomentazioni che motivano la sentenza n. 12007/24 si prestano a critica?
Gli argomenti da porre a censura della sentenza potrebbero essere i seguenti; nessuno di essi è nuovo, ma sono tutti tratti dalla giurisprudenza di segno contrario.
1º argomento, il valore dell’atto pubblico
Se l’atto pubblico di mutuo fa piena prova, fino a querela di falso:
- della provenienza del documento dal notaio,
- delle dichiarazioni delle parti avvenute in presenza del notaio,
- dei fatti accaduti alla presenza del notaio,
non si possono sconfessare i fatti e le dichiarazioni attestate dal notaio nel contratto di mutuo, senza proporre querela di falso e ciò vale anche per l’erogazione del finanziamento alla parte mutuataria che per la quietanza rilasciata, se comprese nel contratto di credito.
2º argomento, le garanzie derivanti dalla presenza del notaio
Il notaio deve indagare sulla volontà delle parti per accertare che non ci siano divergenze tra la volontà e le dichiarazioni riportate nell’atto: ciò vale per la quietanza della somma ricevuta e per il suo successivo deposito cauzionale.
Fatta salva la prova contraria, il notaio ha accertato che era volontà della parte mutuataria costituire in deposito cauzionale la somma ricevuta a mutuo.
3º argomento, il mutuatario – proprietario dispone come vuole del finanziamento
Se il contratto di mutuo si perfeziona con la consegna della somma finanziata alla parte mutuataria e se il contratto diventa titolo esecutivo con la quietanza rilasciata dalla parte mutuataria, da cui sorge l’obbligo di restituire quanto ricevuto, da quel momento (dalla data della stipula del contratto e, se coeva, dalla quietanza), proprietaria della somma è la parte mutuataria, che ne dispone come vuole.
Il contratto di mutuo, così formato, fa dunque parte della categoria dei titoli esecutivi stragiudiziali di cui all’art. 474, co. 2, n. 3, c.p.c.
4º argomento, irrilevanza del deposito cauzionale
(dipendente dal 3º argomento) Il deposito cauzionale della somma finanziata a favore della banca mutuante esprime la volontà del depositante e cioè della parte mutuataria; il deposito non condiziona né rende inefficace o sospende l’obbligazione di restituire la somma ricevuta, obbligazione sorta precedentemente con la consegna della somma data a mutuo ed il rilascio della quietanza.
Irrilevante è che la banca acquisisca la proprietà delle somme depositate, così come è irrilevante cosa ne faccia la parte mutuataria, che ne disponga per estinguere una propria passività o per effettuare un pagamento a favore del terzo o altro ancora.
5º argomento, esecuzione del contratto di mutuo
Costituiscono fatti noti da qui trarre la certezza di un fatto ignoto, l’impiego della somma finanziata e/o il pagamento delle rate di restituzione del mutuo; sono indizi gravi precisi e concordanti che fanno presumere l’erogazione del mutuo e la nascita dell’obbligazione restitutoria, confermando l’efficacia esecutiva del contratto.
Milano, 10 luglio 2024
Avv. Antonio Donvito
[1] da A.M. SOLDI, Manuale dell’esecuzione forzata, Padova, VIII ed., 2022, 82 e ss.
[2] commentata in Banca, borsa e tit. cred., 2020, II, 161 e ss., con nota T. MAUCERI, Realità del mutuo e oneri probatori nei confronti del fallimento del mutuatario.
[3] La configurazione di una consegna virtuale, oltre ad adeguare la traditio rei all’evoluzione economica che vede la smaterializzazione dei mezzi di pagamento e dei valori mobiliari, mezzi che prescindono dall’esecuzione di un effettivo pagamento a favore del mutuatario, consente di ammettere i casi in cui il mutuatario chieda alla banca di destinare la provvista direttamente ad un terzo (v. BARTOLINI, Vicende della consegna nel mutuo fondiario, nota a Trib. Napoli, 18 ottobre 2013, in Nuova giur.civ. comm., 2014, I 328 e ss.).
[4] V. PAGLIANTINI, Il mutuo fondiario solutorio e l’ambaradan delle categorie civilistiche, in Corr. Giur., 2016, 958; MAUCERI, op. cit., 166; Cass. civ., 15 luglio 1994, n. 6686, in Banca, borsa, tit. cred., 1994, II, 41, n. R. TETI, In tema di consegna del mutuo, 45.
[5] in Riv. esec. forz., 2019, 370 e ss, nota S. CAPRIO, Validità del contratto di mutuo come titolo esecutivo e rimedi all’abuso del cumulo dei mezzi di espropriazione, 372 e ss.).