La distribuzione commerciale in IRAN

Pur non essendo previsto dal Codice Civile Iraniano (CCIr), il contratto di distribuzione è ammesso pacificamente nell’ordinamento di quel paese. Le sue caratteristiche si ricavano infatti dalla prassi commerciale internazionale, dagli usi locali e dalle differenze che lo contraddistinguono in rapporto al mandato o all’agenzia, disciplinati dagli artt. 656 e ss. CCIr.

Il distributore è una persona fisica o giuridica, necessariamente iraniana, che compra un bene o fornisce un servizio per proprio conto, nei confronti dei clienti del territorio ad esso assegnato. Il suo compenso è rappresentato dalla differenza ricavata tra il prezzo di rivendita e il prezzo di acquisto dei beni.

Diversamente nel contratto di agenzia si verifica la vendita di un bene o la fornitura di un servizio da parte dell’agente, ma per conto e in nome del preponente, che corrisponderà quindi l’agente con una commissione per l’operazione svolta.

Non è esclusa la confusione tra le due figure, essendo possibile che un distributore possa essere anche un agente e viceversa.

1. Forma ed elementi essenziali del contratto di distribuzione

Condizione essenziale, senza la quale l’istituto della distribuzione in Iran non può venire ad esistenza, è l’applicazione e il rilascio al distributore (necessariamente) iraniano dell’apposita patente o licenza rilasciata dal Ministero del Commercio iraniano. In difetto, il distributore rischia l’accusa di contrabbando, con l’applicazione della sanzione penale.

Si precisa che, nel caso in cui il distributore sia anche importatore, oltre alla licenza di cui sopra, il soggetto dovrà richiedere al Ministero anche la licenza di importatore.

Nonostante non sia richiesta una forma specifica del contratto di distribuzione, essendo questo valido anche se concluso oralmente, è consigliabile la forma scritta, considerato che ai fini della licenza di distributore è necessario sottoporre il contratto all’esame del Ministero del Commercio. Un testo scritto è inoltre indispensabile in sede di composizione di eventuali divergenze insorte tra le parti circa la corretta interpretazione ed esecuzione del contratto.

La forma scritta è altresì necessaria nell’ipotesi che i contraenti decidano di apporre delle modifiche al contratto, modifiche che dovranno nuovamente e necessariamente essere sottoposte al Ministero del Commercio per la loro approvazione.

Gli altri requisiti essenziali del contratto di distribuzione si deducono a contrariis dall’art. 10 del Cod. civ. ir., che impone che il contratto non sia contrario alla legge iraniana: a questo riguardo gli artt. 232 e 233 Cod. Civ. Ir. elencano le condizioni di annullabilità e nullità di un contratto.

Comportano l’annullabilità del contratto la previsione di:

  1. una condizione il cui adempimento sia impossibile;
  2. una condizione in cui non vi sono vantaggi e utilità;
  3. una condizione che è illecita.

Comportano la nullità del contratto la previsione di:

  1. una condizione in contrasto con le esigenze del contratto;
  2. una condizione ignota la cui ignoranza determina l’ignoranza della controprestazione.

2. Patto di non concorrenza e clausola di esclusiva

Nel diritto iraniano non esiste una norma specifica che regoli il “patto di non concorrenza”.

Sarà quindi interesse delle parti inserire una pattuizione in tal senso nel contratto, necessariamente scritta, salvo rimandare agli usi locali se fosse presente una consuetudine ad hoc.

Sulla base dell’accordo tra le parti, il patto di non concorrenza nel contratto può essere declinato in tutta una serie di varianti, come per esempio il divieto di distribuire prodotti di un’impresa concorrente nel territorio assegnato od anche al di fuori dell’area in cui il distributore opera.

Sovente accade che il patto di non concorrenza venga esteso ad un periodo successivo alla risoluzione od al termine del contratto: si tratta di una pattuizione consentita, purché la durata del divieto sia congrua e proporzionata, fatte salve le previsioni sull’invalidità del contratto di cui agli artt. 232 e 233 Cod. civ. ir., ai quali si aggiungono quelli degli artt. 219 e 221, di seguito riportati.

Art. 219 CCIr.: il contratto concluso in conformità alla legge è vincolante tra i contraenti e i loro rappresentanti, salvo che esso venga risolto per mutuo consenso delle parti o rescisso per motivi di legge.

Art. 221 CCIr: se qualcuno si obbliga a fare una cosa o ad astenersi dal fare una cosa, in caso di violazione egli sarà responsabile del danno all’altra parte, a condizione che il risarcimento del danno sia stato menzionato espressamente, che l’obbligazione di consuetudine costituisca menzione espressa, o che in conformità alla legge essa determini una garanzia.

La previsione o meno dell’esclusiva nel contratto di distribuzione a favore della società concedente, nel silenzio della legge iraniana, è lasciata alla libertà delle parti.

In mancanza di previsioni espresse, soccorrono gli usi e la consuetudine, ma data l’incertezza nella loro individuazione e la diversità delle realtà locali è certamente preferibile una espressa pattuizione contrattuale, che vincolerà il distributore ex art. 221.

In Iran il distributore non può stabilire il prezzo di rivendita al di fuori dei limiti fissati dalla legge del 24 dicembre 2001 sulle Trade Unions, che consente l’applicazione di un margine non superiore al 30% oltre al prezzo di acquisto del bene dal produttore.

Anche la clausola contrattuale di previsione di un fatturato minimo da raggiungere da parte del distributore (con le connesse sanzioni indennitarie od il diritto di recesso anticipato riconosciuto al produttore) è lasciata all’autonomia delle parti, accordo ammesso dalla giurisprudenza purché risponda a criteri oggettivi.

È fatta naturalmente salvo l’inadempimento incolpevole, come stabilito dagli artt. 227 e 229 del CCIr, secondo cui:

il violatore dell’adempimento di una obbligazione viene condannato al pagamento del danno allorché egli non possa provare che il mancato adempimento è stato dovuto a cause esterne che non si possono attribuire a lui (art. 227).

e:

se il debitore, per un accadimento la cui rimozione è fuori dalle sue possibilità, non può adempiere alla sua obbligazione, egli non sarà condannato al pagamento del danno (art. 229).

3. La responsabilità da prodotto difettoso

Gli artt. 422-437 del CCIr disciplinano la responsabilità da prodotto difettoso.

Ad essi si aggiunge l’art. 2 della Legge per la Difesa dei Diritti dei Consumatori del 2007, per il quale il fornitore/produttore è responsabile verso i consumatori per ogni possibile difetto del bene. Il fornitore può liberarsi completamente da quest’obbligo trasferendo, attraverso il contratto, la sua responsabilità legale al distributore, purché non fornisca prodotti alimentari o sanitari.

Quando il distributore agisca anche come agente del produttore/fornitore entrambi sono responsabili in solido verso il consumatore danneggiato. La Legge per la Difesa dei Diritti dei Consumatori prevede anche che il fornitore, qualora non trasferisca la responsabilità al distributore, sia tenuto a garantire il prodotto per un certo tempo dopo la vendita al pubblico.

 

4. Il marchio del fornitore/produttore

Qualora il fornitore registrasse il marchio del proprio prodotto in Iran, al distributore ne verrebbe precluso qualsiasi uso indebito. È questa una prassi consolidata nella maggior parte degli stati membri della Convenzione di Parigi, senza contare che la legge iraniana obbliga il fornitore a registrare i marchi di bevande, cibi, cosmetici, prodotti chimici e farmaceutici.

Laddove il distributore registrasse a sua volta il marchio del fornitore, questi avrebbe pieno diritto ad esigere la sua cancellazione, oltre al risarcimento del danno causatogli dall’uso illecito del marchio.

5. Termine e risoluzione del contratto

Le parti sono libere di concludere un contratto a tempo determinato o indeterminato.

Nel primo caso, se le parti continuano a dare esecuzione al contratto anche dopo la scadenza del termine, il contratto si considera tacitamente rinnovato a tempo indeterminato. Questo naturalmente non esclude la possibilità di prevedere espressamente nel contratto il rinnovo automatico per successivi periodi di tempo.

Un contratto a tempo indeterminato può essere risolto per “mutuo accordo” delle parti, mentre una risoluzione anticipata senza una valida ragione legale viene comunemente interpretata come violazione di obblighi contrattuali che dà diritto alla richiesta di risarcimento dei danni. Inoltre l’intenzione di risolvere il contratto anticipatamente, quando non è motivata da un grave inadempimento, deve essere comunicata preventivamente all’altra parte entro un congruo periodo di tempo che, di solito viene previsto nel contratto.

Le principali ragioni che possono giustificare una risoluzione (anche unilaterale) anticipata sono:

  • colpa o grave inadempimento degli obblighi contrattuali;
  • l’incapacità di una delle parti di adempiere le obbligazioni contrattuali;
  • l’inadempimento del fornitore nella fornitura dei beni;
  • la violazione dell’esclusiva o del patto di non concorrenza;
  • il mancato pagamento delle somme dovute.

6. La legge applicabile, il riconoscimento delle sentenze straniere e l’arbitrato internazionale

Le regole per determinare quale sia la legge applicabile alle controversie intorno al contratto di distribuzione in Iran sono sostanzialmente due.

La prima, di generale applicazione, è stabilita dall’art. 968 del CCIr., che fissa il principio secondo cui le obbligazioni derivanti da un rapporto contrattuale intercorrente tra un soggetto iraniano e uno straniero vengono regolate dalla legge del luogo in cui il contratto è stato concluso.

La seconda – residuale – si applica alla distribuzione in Iran effettuata da contraenti non iraniani; in questo caso le parti sono libere di scegliere la legislazione che governerà il contratto.

Le due regole si coordinano con l’art. 9 CCIr., il quale specifica che le previsioni dei trattati internazionali ratificati e recepiti dall’Iran acquistino lo stesso valore della legislazione nazionale.

Quanto alle sentenze straniere, esse sono riconosciute in Iran a patto che soddisfino una serie di requisiti (art. 169 delle “Regole sull’Esecuzione delle Sentenze Civili”):

  1. il giudizio è stato emesso dalla corte di un paese che reciprocamente riconosce l’efficacia esecutiva dei giudizi delle corti iraniane;
  2. il giudizio non è in contrasto con la morale e l’ordine pubblico;
  3. l’esecuzione del giudizio straniero non contraddice le previsioni dei trattati internazionali o alcuna legge iraniana;
  4. il giudizio è valido nel paese che lo ha emesso;
  5. non è già stato pronunciato un giudizio contrario da un tribunale iraniano;
  6. le corti iraniane non hanno l’esclusiva giurisdizione all’esame del caso;
  7. il giudizio non è correlato a proprietà immobiliari in Iran;
  8. l’ordine di esecuzione del giudizio è stato emesso dagli ufficiali competenti del paese di origine.

È importante rammentare che, nel contratto fra un fornitore straniero e un distributore iraniano, le corte persiane hanno la giurisdizione e la competenza per decidere delle controversie insorte tra le parti.

Questo principio non esclude la giurisdizione e competenza del giudice straniero, ma consente al giudice iraniano, se chiamato a decidere, di pronunciarsi comunque nel merito, con decisione vincolante tra le parti.

Inutile precisare che in caso di controversie con un distributore iraniano, sia preferibile adire la giurisdizione del produttore/fornitore con estrema tempestività.

In caso di clausola compromissoria convenuta nel contratto di distribuzione, la scelta del foro arbitrale è libera.

L’Iran ha infatti sottoscritto la Convenzione di New York per il Riconoscimento e l’Esecuzione delle Sentenze Arbitrali Straniere del 1958, ed ha emesso nel 1995 la propria Legge sugli Arbitrati di Commercio Internazionale. Una clausola arbitrale contenuta nel contratto di distribuzione, che rimandi la disputa su una o più controversie alla decisione di una corte arbitrale estera ha quindi piena efficacia tra le parti ex art. 9 CCIr.

 

Milano, 26 giugno 2017

Dott. Filippo Donvito

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