Anatocismo, nuovo orientamento del Tribunale di Milano

L’ORIENTAMENTO DELLA SESTA SEZIONE CIVILE DEL TRIBUNALE DI MILANO SULL’ANATOCISMO E SUI DECRETI INGIUNTIVI DELLE BANCHE

(Avv. Antonio Donvito)

Nell’assegnazione degli affari civili spetta alla sesta sezione del Tribunale di Milano il contezioso bancario.

Il presidente ed i giudici della sezione sono tradizionalmente specialisti del diritto bancario, competenza quotidianamente arricchita dal fatto che, avendo a Milano sede le maggiori banche italiane, il foro ambrosiano finisce per attrarre gran parte delle controversie in materia di credito e finanza.

La competenza ed il prestigio della sezione, le prassi e la sua giurisprudenza sono, quindi, un punto di riferimento nel mondo del diritto ed influenzano l’orientamento degli altri Tribunali.

Da molti anni uno degli argomenti di maggiore contrasto tra banche e clienti è l’anatocismo e cioè gli interessi calcolati sugli interessi debitori scaduti trimestralmente sui conti correnti.

La materia del contendere è la seguente: è ancora consentito l’anatocismo dopo la riforma del secondo comma dell’art. 120 del Testo Unico Bancario (cd. TUB), che ha vietato la produzione degli interessi sugli interessi?

Sulla questione è recentemente intervenuta la sesta sezione del Tribunale di Milano, adottando un orientamento che, condiviso o meno, renderà chiara l’applicazione della legge e prevedibili le decisioni dei giudici.

Orientamento che ha avuto – e sta avendo – un immediato impatto sui decreti ingiuntivi richiesti dalle banche contro i clienti per il pagamento dei loro debiti: la sospensione dell’emissione dei decreti ingiuntivi che richiedono il pagamento degli interessi capitalizzati, maturati dopo l’entrata in vigore del nuovo testo del comma 2 dell’art. 120.

Per comprendere le ragioni dell’orientamento adottato dalla sesta sezione è necessario ripercorrere brevemente la storia delle vicissitudini legali dell’anatocismo.

Al 1°gennaio 1994, data di entrata in vigore della nuova legge bancaria, il c.d. TUB, l’art. 120 sulle valute e gli interessi bancari, non prevedeva nulla quanto agli interessi sugli interessi; la disciplina dell’anatocismo era confinata nel codice civile, all’art. 1283 c.c., che, fatta salva l’esistenza di usi diversi, lo permetteva entro maglie molto strette: si poteva chiedere il pagamento degli interessi sugli interessi solo con domanda giudiziale, solo quelli scaduti da oltre sei mesi e sempreché esistesse un accordo tra le parti posteriore alla loro scadenza.

Decenni di giurisprudenza avevano tuttavia autorizzato le banche ad addebitare ai clienti gli interessi sui conti correnti capitalizzati trimestralmente, sulla base dell’asserita esistenza di un uso normativo. Esistenza contestata, dopo molti contrasti, dalla Cassazione con la sentenza n. 2374/99, che stabiliva la nullità delle clausole anatocistiche dei contratti di conto corrente, decisione costantemente confermata da successive pronunce e dalle stesse Sezioni unite.

A consentire nuovamente l’anatocismo interveniva il legislatore, che, aggiungendo un secondo comma all’art. 120 TUB (con l’art. 24, co. 2, d. lgs. 342/99), legalizzava l’anatocismo, delegando al CICR, il comitato

intermisteriale per il credito ed il risparmio, di stabilire modi e criteri per la produzione degli interessi sugli interessi.

Il CICR provvedeva con decreto 9 febbraio 2000 (in vigore dal 22 aprile 2000), stabilendo che l’anatocismo dovesse essere reciproco, sia per gli interessi a debito che per quelli a credito del cliente, nonché pattuito nel contratto di conto corrente con clausola specificamente approvata per iscritto.

La situazione cambia nuovamente e questa volta radicalmente, tredici anni dopo, con la legge 27 dicembre 2013, n. 147 (legge di stabilità 2014, art. 1, co. 629): si ritorna alla casella di partenza del 1999, il comma 2 dell’art. 120 viene sostituito senza che il nuovo preveda alcunchè quanto agli interessi sugli interessi, anzi con la precisazione che nelle operazioni bancarie gli interessi possano essere calcolati esclusivamente sulla sorte capitale (fatto salvo l’intervento del solito CICR, che ad oggi non si è ancora pronunciato, su modalità e criteri circa la produzione degli interessi).

Il nuovo art. 120 TUB è in vigore dal 1°gennaio 2014.

Venuta meno la precedente previsione del TUB e, per conseguenza, la delibera del CICR del 2000, l’anatocismo è tornato ad essere confinato nei ristretti limiti del vecchio art. 1283 c.c.

La sesta sezione civile del Tribunale di Milano non poteva che prenderne atto e si è comportata di conseguenza, soprattutto a fronte dei ricorsi per ingiunzioni di pagamento presentati dalle banche per il recupero dei loro crediti.

Premesso che il divieto dell’anatocismo è operante dal 1°gennaio 2014, sia per i contratti bancari in corso che per quelli futuri, la sezione ha deciso di sospendere l’emissione dei decreti ingiuntivi quando il credito della banca derivi dalla chiusura del conto corrente, a seguito del recesso della banca e del conseguente passaggio a sofferenza del saldo debitorio, purchè successivo al 1°gennaio 2014.

A domanda del giudice, l’emissione del decreto ingiuntivo è subordinata alla rinuncia degli interessi anatocistici maturati dopo il 1°gennaio 2014.

Ad onor del vero l’orientamento della sezione non è stato approvato unanimemente: il dissenso, tuttavia, non ha tuttavia riguardato la sostanza del problema (l’abolizione o meno dell’anatocismo a decorrere dal 1°gennaio 2014), ma un aspetto squisitamente processuale e cioè se il rilievo della nullità degli interessi anatocistici possa essere sollevato d’ufficio, come pensa la maggior parte dei giudici ovvero ad onere (e spese) del debitore, che dovrebbe opporsi al decreto, citando in giudizio la banca.

Quale, allora, la conclusione per le banche? Riproporre la questione giuridica nei vari gradi del giudizio sino ad arrivare ad una pronuncia della Cassazione, che, tuttavia, ha già espresso il suo pensiero sull’anatocismo oppure rinunciare alla richiesta di pagamento degli interessi anatocistici maturati dopo il 1°gennaio 2014.

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