Il liquidatore giudiziale nel concordato preventivo

La figura del Liquidatore giudiziale è prevista all’art. 182 del R.D. n. 267 del 16 marzo 1942 (“L. Fall.”) avente ad oggetto il concordato preventivo con cessione di beni e titolato “Cessioni”, per effetto delle modifiche apportate dall’art. 2 lett. a) del D.L. 27 giugno 2015, n. 83, convertito, con modificazioni, nella L. n. 132 del 6 agosto 2015.

L’attuale art. 182 L.Fall. recita: “Se il concordato consiste nella cessione dei beni e non dispone diversamente, il tribunale nomina nel decreto di omologazione uno o più liquidatori e un comitato di tre o cinque creditori per assistere alla liquidazione e determina le altre modalità della liquidazione. Si applicano ai liquidatori gli articoli 28, 29, 37, 38, 39 e 116 in quanto compatibili. Si applicano al comitato dei creditori gli articoli 40 e 41 in quanto compatibili. Alla sostituzione dei membri del comitato provvede in ogni caso il tribunale. Le vendite di aziende e rami di aziende, beni immobili e altri beni iscritti in pubblici registri, nonché le cessioni di attività e passività dell’azienda e di beni o rapporti giuridici individuali in blocco devono essere autorizzate dal comitato dei creditori. Si applicano gli articoli da 105 a 108‐ter in quanto compatibili. La cancellazione delle iscrizioni relative ai diritti di prelazione, nonché delle trascrizioni dei pignoramenti e dei sequestri conservativi e di ogni altro vincolo, sono effettuati su ordine del giudice, salvo diversa disposizione contenuta nel decreto di omologazione per gli atti a questa successivi. Si applica l’art. 33, quinto comma, primo, secondo e terzo periodo, sostituendo al curatore il liquidatore, che provvede con periodicità semestrale dalla nomina. Quest’ultimo comunica a mezzo di posta elettronica certificata altra copia del rapporto al commissario giudiziale, che a sua volta lo comunica ai creditori a norma dell’articolo 171, secondo comma”.

Il liquidatore concordatario viene descritto dall’art. 182 L.Fall. quale “coadiutore” del Tribunale in quanto la sua funzione e i suoi poteri sono circoscritti al decreto di omologazione e limitati a realizzare il valore dei beni ceduti, ripartendone il ricavato ai creditori.
Secondo la giurisprudenza di legittimità, infatti, “il liquidatore giudiziale, per effetto della sentenza di omologazione del concordato preventivo con cessione dei beni, viene investito di un ufficio costituito allo scopo di provvedere alla liquidazione dei beni ceduti e al soddisfacimento dei creditori, cioè viene investito in funzioni che sono facilmente assimilabili a quelle del curatore (il quale, com’è noto, deve provvedere anche alla gestione ed alla liquidazione dei patrimoni del fallito) come dimostra il fatto che la giurisprudenza ha esteso al liquidatore l’intera disciplina dettata dalla legge fallimentare per il curatore in materia di revoca, di legittimazione sostanziale e processuale inerente alla gestione e tutela del patrimonio ceduto e di rendiconto” (Così Cass., 22 febbraio 1994, n. 1730 e Cass., 26 agosto 2004, n. 16989).

Per tali ragioni, il legislatore del 2007 ha aggiunto un secondo comma all’art. 182 L.Fall., che estende al liquidatore l’applicazione, in quanto compatibili, delle disposizioni previste per il curatore fallimentare circa i requisiti per la nomina, l’accettazione dell’incarico, la revoca, le responsabilità, il compenso e il rendiconto, con l’espresso rinvio alla disciplina contenuta negli artt. 28, 29, 37,38, 39 e 116 L. Fall.

La natura giuridica del liquidatore

In mancanza di una disciplina legislativa specifica, la dottrina è divisa sulla natura giuridica del liquidatore giudiziale:

a) Un primo orientamento, ponendo l’accento sulla sua natura pubblicistica (per effetto della sentenza di omologazione il liquidatore viene investito di un pubblico ufficio), ritiene che il liquidatore sia a tutti gli effetti un organo della procedura. Il suo compito consiste nella liquidazione del patrimonio ceduto, soddisfare le ragioni dei creditori e comporre il dissesto (In tal senso G.Lo Cascio, Il Concordato preventivo, Milano, 2002, 257; G. Ragusa Maggiore, Istituzioni di Diritto Fallimentare, Padova, 1994, 662; G. Bozza, La liquidazione del compenso al liquidatore giudiziale nel concordato preventivo con cessione dei beni, in Il Fallimento, 1990, 228. Secondo questa tesi il liquidatore si inserisce nella procedura di concordato preventivo, deve eseguire compiti istituzionali del suo ufficio, è sottoposto ai controlli degli organi della procedura e con la sentenza di omologazione il Tribunale può dettare al liquidatore le istruzioni cui attenersi nello svolgimento delle sue attività). Seppur riconoscendo al nuovo concordato preventivo ed in particolare alla fase della liquidazione una natura maggiormente privatistica, tale orientamento assimila le funzioni del liquidatore a quelle del curatore.

b) Un secondo orientamento dottrinale attribuisce al liquidatore giudiziale la mera funzione di ausiliario del giudice delegato (M. Ghidini, La cessione dei beni ai creditori e il concordato, in Dir. Fall., 1964, I, 172).

c) Un altro orientamento attribuisce al liquidatore la funzione di mandatario del debitore o dei creditori o di entrambi, poiché svolge un’attività per l’attuazione di un interesse altrui, del debitore e dei creditori (M. Cassiani, La vendita forzata nel concordato preventivo per cessione, Padova, 1999, 91 ss.; G. Rago, L’esecuzione del concordato preventivo, Padova, 1986, 156 ss. N. Rocco Di Torrepadula, Il liquidatore giudiziale nel concordato preventivo, secondo il quale il liquidatore agisce quale mandatario dei creditori cessionari i quali, a loro volta, acquistano il potere di disposizione del patrimonio ceduto per effetto del perfezionamento del concordato. Agisce in base ad un mandato con rappresentanza (Art. 1704 c.c.).
Tuttavia, si è osservato che, se il contratto di mandato è caratterizzato dalla manifestazione di volontà del mandante il quale sceglie il mandatario e gli affida l’incarico senza intermediari, il liquidatore giudiziale, al contrario, è nominato da un terzo, il tribunale, con un provvedimento giurisdizionale, la sentenza di omologazione; ed ancora, se il mandante stabilisce le modalità dell’attività affidata al mandatario, al contrario, il liquidatore giudiziale non riceve istruzioni dal debitore o dai creditori (C. Bavetta, Il liquidatore dei beni ceduti con il concordato preventivo, Milano, 1996, 112 ss.; secondo P.Pajardi, Manuale di diritto fallimentare, Milano, 1993, 53, il liquidatore ha poteri vasti ed è svincolato da controlli specifici, autorizzazioni, rendiconti immediati).

d) Vi è, infine, chi ritiene che il liquidatore giudiziale sia titolare di un ufficio privato, per tale intendendosi colui che gestisce patrimoni e beni altrui e che svolge un’attività dovuta e non discrezionale, svincolata dalla volontà e dalle prescrizioni del titolare dei patrimoni e beni stessi, dai creditori, ma vincolata all’attuazione della legge e delle modalità della procedura (G. Landolfi, Il liquidatore giudiziale nel concordato preventivo, in Diritto fallimentare e delle Società Commerciali, 1991, 194 ss).

La responsabilità del liquidatore

Prescindendo dall’aspetto controverso riguardante la natura giuridica del liquidatore, non vi sono dubbi riguardo alle responsabilità dello stesso nei confronti dei creditori per l’inadempimento del mandato conferitogli, ovvero dell’obbligo istituzionale di assolvere con diligenza all’incarico di realizzare il valore del patrimonio del debitore al fine di soddisfare il ceto creditorio attraverso il riparto. In questo senso vi sono numerose sentenze della Corte di Cassazione che hanno legittimato i creditori ad agire nei confronti del liquidatore per inadempienza dal compito di realizzare i beni e ripartire il ricavato secondo le modalità stabilite nella sentenza di omologazione.

Le controversie circa la qualificazione giuridica del liquidatore si ripropongono, tuttavia, in occasione della scelta della responsabilità a lui contestata, che si configura come contrattuale per i sostenitori di una natura privatistica dell’ufficio e che riconducono alla disciplina del mandato il rapporto tra liquidatore e creditori.
Da registrare le perplessità circa la natura contrattuale o extracontrattuale della responsabilità nel caso di violazione dei doveri d’ufficio per chi riconduce la figura del liquidatore ad un organo pubblico della procedura.

Il dubbio circa l’interesse alla liquidazione ed alla precisa esecuzione del concordato da parte del debitore e in contrapposizione alla possibilità di un disinteressamento dello stesso in merito alle sorti della procedura, si riflette anche sull’aspetto delle responsabilità del liquidatore nei suoi confronti, motivo per cui la responsabilità del liquidatore verso il debitore in concordato non può essere, a priori esclusa.
Nei confronti dei terzi che vengono in contatto con il liquidatore nello svolgimento della sua attività, questi è certamente responsabile a titolo contrattuale o extracontrattuale, a seconda del tipo di rapporto intrattenuto.
Quanto alla responsabilità penale del liquidatore, la legge fallimentare non contiene alcuna fattispecie di reato proprio.

Responsabilità del liquidatore giudiziale quale mandatario

La scelta circa la natura pubblicistica o privatistica dell’ufficio di liquidatore giudiziale non è di poco conto poiché, in caso di inadempienza da parte dell’incaricato, nell’uno o nell’altro caso può configurarsi una diversa fattispecie di responsabilità – extracontrattuale e/o contrattuale – a seconda dei soggetti danneggiati.
La costante giurisprudenza di legittimità, pur senza propendere per un’interpretazione o per l’altra, è in ogni caso orientata verso l’applicazione della disciplina del mandato all’ufficio del liquidatore giudiziale. Già prima delle ultime riforme, essa definiva il ruolo del liquidatore come ‘autonomamente retribuito per l’opera che andrà a prestare nell’esecuzione del mandato’ (Cass. Civ., I, 1° agosto 1997,n. 7147).
Più di recente, tale ruolo è venuto meglio configurandosi come una responsabilità nei confronti dei creditori per l’(eventuale) inadempimento del mandato conferitogli, ovvero ‘dell’obbligo istituzionale di assolvere con diligenza all’incarico di realizzare il valore dei beni ceduti ai fini del riparto’ (Cass. Civ. n. 4177/2000).

È bene ricordare, tuttavia, che ‘l’omologazione del concordato consistente nella cessione dei beni, contemplato dalla L. Fall., art. 182, non comporta il trasferimento della proprietà dei beni e dei crediti ceduti, bensì il trasferimento al liquidatore dei poteri di gestione e di disposizione finalizzati alla liquidazione dei beni medesimi ed alla ripartizione del loro ricavato fra gli aventi diritto, che gli vengono affidati in virtù del mandato irrevocabile’ (Cass. Civ. n. 14052/2015).
Si tratta, pertanto, di un mandato irrevocabile conferito nell’interesse dei creditori a gestire e liquidare i beni ceduti, ed anche, in rem propriam, nell’interesse del liquidatore stesso, il quale vede così tutelate le legittime aspettative di guadagno connesse alla durata del suo incarico (Cass. Civ. n. 10738/2000; Tribunale di Milano 12 febbraio 2016).

L’ufficio del liquidatore giudiziale di un concordato preventivo si configura, quindi, come una tipica fattispecie di mandato rilasciato nell’interesse del mandatario e di terzi che, secondo il disposto dell’art. 1723 c.c. può essere revocato solo per ‘giusta causa’. Controverso, piuttosto, è in capo a chi spetti il potere di revoca, se cioè l’iniziativa resti esclusivamente in capo al comitato dei creditori ovvero anche al commissario giudiziale nell’esercizio dei suoi poteri di sorveglianza, escluso l’intervento d’ufficio del giudice delegato.
Concludendo, secondo questa tesi, il liquidatore agisce con mandato in rem propriam, nell’interesse dei creditori ed è sottoposto al controllo degli stessi; egli non si sostituisce in alcun modo all’imprenditore ammesso al concordato, non potendo attuare, salvo eccezioni, atti di gestione diretta dell’impresa, ma assume soltanto l’incarico specifico di esercitare i diritti patrimoniali relativi ai beni ricompresi nella cessione ai fini liquidatori.

Il potere di controllo sull’operato del liquidatore nominato dal tribunale: a chi spetta?

Come sopra anticipato, l’art. 182 L. Fall. prevede che al liquidatore giudiziale si applichino alcune disposizioni previste per il curatore fallimentare, tra cui l’art. 116 L. Fall. relativo al rendiconto di gestione.
Secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, il giudizio che si instaura in caso di mancata approvazione del conto della gestione può avere ad oggetto non solo errori materiali, le omissioni ed i criteri di conteggio, ma anche il controllo della gestione del curatore e l’accertamento delle sue personali responsabilità per il compimento di atti che abbiano arrecato pregiudizio alla massa od ai diritti di singoli creditori (Così Cass., 5 ottobre 2000, n. 13274; Cass., 19 gennaio 2000, n. 547; Cass. 9 gennaio 1998, n. 137; Cass., 14 ottobre 1997, n. 10028; Cass., 30 ottobre 1990, n. 10528; Trib. Bologna, 23 gennaio 1998; App. Firenze, 22 giugno 1995; Trib. Milano, 20 maggio 1985; Trib. Torino, 21 aprile 1995; Trib. Genova, 17 ottobre 1994). E ciò in quanto il rendiconto previsto dall’art. 116 L. Fall. non è semplicemente un atto contabile, ma piuttosto una relazione sull’attività svolta, sufficientemente analitica e chiara, oltre che documentata, tale da consentire un esame di legittimità e di merito dell’opera del liquidatore (Così Trib. Roma, 19 gennaio 1998, in Giust. Civ., 1998, I, 2950). Ne consegue che il controllo da parte dei soggetti legittimati potrà riguardare non solo i conteggi, ma anche la condotta tenuta dal liquidatore nell’ambito della liquidazione medesima.

In assenza di una precisa indicazione normativa, si discute anche in merito al soggetto al quale il liquidatore sia tenuto a presentare il conto della sua attività. La giurisprudenza di merito è concorde nel ritenere che destinatario del conto sia il Tribunale che ha nominato il liquidatore, salva la possibilità per i creditori e per il debitore di prendere cognizione del conto e di fare le loro osservazioni in merito prima dell’approvazione.
In ordine ai soggetti legittimati a proporre contestazione, vengono esclusi dal novero gli organi sociali, attribuendo tale diritto unicamente ai creditori, al tribunale, al giudice delegato e al commissario giudiziale (sul punto cfr. Trib. Cassino, 15 luglio 2003, in www.pluris-cedam.utetgiuridica.it).
Tuttavia, una parte della dottrina, ritiene che sia legittimato anche il debitore fallito. Se, infatti, il debitore è una società, è evidente che i suoi interessi debbano essere rappresentati dai suoi organi sociali e, in particolare, dal collegio sindacale che ha proprio il compito di controllare il corretto svolgimento dell’attività sociale. Essendo la cessione dei beni diretta unicamente al soddisfacimento dei creditori ed esistendo un diritto sociale alla restituzione dell’eventuale attivo residuo, esiste anche un interesse della società a verificare il corretto adempimento degli obblighi da parte del liquidatore (Così A. Fusi, Commento a Trib. Cassino, 15 luglio 2003, in Le Società n. 3/2004, 340).

Azione di responsabilità nei confronti del liquidatore cessato o revocato

Quanto all’azione di responsabilità nei confronti del liquidatore giudiziale cessato o revocato dall’incarico, la giurisprudenza della Cassazione è orientata nel senso di ammettere detta azione da parte del nuovo liquidatore giudiziale, ma non da parte del commissario o dei commissari giudiziali, il quale o i quali non ne sarebbe/ro legittimati.

Con la sentenza n. 14052 del 2015 la Cassazione ha, infatti, stabilito che : “la legittimazione all’azione di responsabilità contro il liquidatore giudiziale revocato di un concordato preventivo con cessione dei beni ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 182 e 38 L. Fall. appartiene, nella previgente come nell’attuale disciplina concordataria, al nuovo liquidatore giudiziale nominato, e non anche al commissario giudiziale, atteso che a quest’ultimo sono attribuite funzioni di vigilanza, di informazione, consulenza ed impulso, complessivamente tese al controllo della regolarità del comportamento del debitore ed alla tutela dell’effettiva informazione dei creditori, ma non anche di amministrazione o gestione, né di rappresentanza del debitore o del ceto creditorio, laddove al primo spettano, per effetto dell’omologazione del concordato, i poteri di gestione e di disposizione finalizzati alla liquidazione dei beni ed alla ripartizione del ricavato tra gli aventi diritto, con conseguente sua legittimazione a stare in giudizio per tutte le controversie derivanti dalla liquidazione” (Così Cass., 7 luglio 2015, n. 14052).

Milano, 21 marzo 2018

avv. Elisa Pennetta dott. Filippo Donvito

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