La composizione delle crisi da sovraindebitamento

Antonio Donvito
(1° aggiornamento al 10 febbraio 2015)
(Legge 27 gennaio 2012, n. 3, modificata dal D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, convertito nella Legge 17 dicembre 2012, n. 221)

Sommario

1. INTRODUZIONE

2. FINALITÀ E DEFINIZIONI (art. 2)
2.1. IL PRESUPPOSTO SOGGETTIVO DELLE PROCEDURE
2.2. IL PRESUPPOSTO OGGETTIVO DELLE PROCEDURE

3. I PRESUPPOSTI DI AMMISSIBILITA’: L’ACCORDO ED IL PIANO (art. 7)
3.1. L’ACCORDO SULLA BASE DI UN PIANO
3.2. I REQUISITI DI AMMISSIBILITA’ DELLA PROPOSTA DI ACCORDO

4. IL CONTENUTO DELL’ACCORDO O DEL PIANO (art. 8)
4.1. IL CARATTERE DILATORIO O ESDEBITATORIO
4.2. I CREDITI PRIVILEGIATI
4.3. I CREDITI FISCALI
4.4. I CREDITI IMPIGNORABILI
4.5. LA PAR CONDICIO E LE CLASSI DEI CREDITORI
4.6. I TERMINI E LE MODALITA’ DI PAGAMENTO; L’INTERVENTO DEI TERZI GARANTI
4.7. IL GESTORE DEL PATRIMONIO
4.8. IL LIQUIDATORE E LA LIQUIDAZIONE
4.9. LA MORATORIA DEGLI INTERESSI
4.10. I CREDITI PREDEDUCIBILI
4.11. GLI ONERI PER IL DEBITORE

5. IL DEPOSITO DELLA PROPOSTA E IL PROCEDIMENTO (art. 9)
5.1. LA SOSPENSIONE DEL DECORSO DEGLI INTERESSI
5.2. NOVAZIONE
5.3. IL RITO PROCESSUALE

6. L’ACCORDO DI COMPOSIZIONE DELLA CRISI, IL PROCEDIMENTO (art. 10)
6.1. IL DECRETO DEL GIUDICE
6.2. IL RUOLO DEL GIUDICE
6.3. LA REVOCA DEL DECRETO

7. IL VOTO E L’APPROVAZIONE DELL’ACCORDO (art. 11)

8. LA QUESTIONE DEI CO-OBBLIGATI, FIDEJUSSORI ED OBBLIGATI IN REGRESSO

9. L’OMOLOGAZIONE E LA VINCOLATIVITA’ DELL’ACCORDO (art. 12)

10. IL PIANO DEL CONSUMATORE
10.1. IL PROCEDIMENTO DI OMOLOGAZIONE (art. 12-bis)
10.2. GLI EFFETTI DELL’OMOLOGAZIONE (art. 12-ter)

11. L’ESECUZIONE DELL’ACCORDO O DEL PIANO (art. 13)
11.1. IL LIQUIDATORE
11.2. IL GESTORE
11.3. IL DEBITORE
11.4. L’OCC E IL GIUDICE
11.5. IL PATRIMONIO DESTINATO DEL DEBITORE
11.6. L’ESENZIONE DAL RISCHIO DI REVOCATORIA
11.7. LA PREDEDUZIONE DEI CREDITI

12. L’ANNULLAMENTO E LA RISOLUZIONE DELL’ACCORDO (art. 12)
12.1. L’ANNULLAMENTO DELL’ACCORDO E LA CESSAZIONE DEGLI EFFETTI DEL PIANO
12.2. LA RISOLUZIONE
12.3. LA REVOCA DELL’ACCORDO E LA CESSAZIONE DEGLI EFFETTI DELL’OMOLOGAZIONE

13. LA LIQUIDAZIONE DEL PATRIMONIO DEL DEBITORE
13.1. LA LIQUIDAZIONE DEI BENI (art. 14-ter)
13.2. IL DECRETO DI APERTURA DELLA LIQUIDAZIONE (art. 14-quinquies)
13.3. L’INVENTARIO E L’ELENCO DEI CREDITORI
13.4. LA FORMAZIONE DELLO STATO PASSIVO (art. 14-octies)
13.5. LA LIQUIDAZIONE E LA VENDITA DEI BENI (art. 14-novies)

14. L’ESDEBITAZIONE O FRESH START (art. 14-terdecies)

15. GLI ORGANISMI DI COMPOSIZIONE DELLA CRISI (c.d. OCC, art. 15)

***

  1. INTRODUZIONE

La legge n. 3 del 27 gennaio 2012 ha modificato principi che per secoli hanno regolato il rapporto tra il creditore e il debitore: dal 18 gennaio 2013 (data di entrata in vigore della legge 3/2012) il consumatore ed il debitore non consumatore (c.d. debitore civile), in altre parole tutti i debitori non soggetti alle procedure fallimentari, che si trovino in condizione di sovraindebitamento e cioè nell’incapacità di far fronte ai propri debiti, possono risolvere i loro problemi.

La nuova disciplina prevede tre procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento: l’accordo del debitore, il piano del consumatore e – in alternativa o, in talune ipotesi, in consecuzione ad entrambe le procedure – la liquidazione del patrimonio. L’accordo del debitore, che può essere proposto da tutti i debitori non fallibili, ha per oggetto la ristrutturazione dei debiti e la soddisfazione dei crediti sulla base di un piano che, se approvato da una maggioranza qualificata di creditori, è vincolante anche per i dissenzienti. Il piano del consumatore prevede la ristrutturazione dei debiti e la soddisfazione dei crediti, ma è riservato al debitore-persona fisica che abbia assunto obbligazioni esclusivamente per scopi estranei all’attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta; prescinde dall’accordo con i creditori, ma deve essere omologato dal tribunale. La liquidazione del patrimonio, utilizzabile da ogni debitore non fallibile, consiste nella liquidazione di tutti i suoi beni, compresi quelli sopravvenuti nei quattro anni successivi, ad eccezione dei beni aventi carattere personale: è eseguita da un liquidatore e, come il piano del consumatore, prescinde da un accordo con i creditori, sostituito dall’omologazione del giudice.

Il consumatore o il debitore civile, quest’ultimo solo se persona fisica, potrà, a determinate condizioni, beneficiare dell’esdebitazione o c.d. fresh start, liberandosi dei debiti non pagati e reinserendosi nella società. Prima dell’introduzione delle c.d. procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento, l’universo dei debitori era diviso in due grandi mondi, regolati da discipline diverse: – quello degli imprenditori commerciali medio-grandi, soggetti alla legge fallimentare, – quello degli altri, piccoli imprenditori, artigiani, agricoltori, professionisti, ma soprattutto consumatori, per i quali la soluzione dei problemi economici dipendeva dall’accordo col singolo creditore. Regole diverse per situazioni simili: la legge fallimentare riconosce, infatti, al fallito persona fisica, anche socio illimitatamente responsabile di una società di persone, il diritto di vedersi cancellati i debiti non soddisfatti con la liquidazione dell’attivo (la c.d. esdebitazione), ma eguale diritto, sino alla legge n. 3/2012, non valeva per l’insolvente civile.

Peraltro, se per le società, la mancata estensione non determinava conseguenze rilevanti, perché per la natura della società di capitali, l’insolvenza non colpisce il patrimonio dei soci, non altrettanto poteva dirsi per i debitori non soggetti alla disciplina fallimentare. Si trattava di una condizione, sociale ed economica, eccessivamente gravosa per il debitore – persona fisica, soprattutto se non si dimentica che l’indebitamento – come incapacità ad adempiere regolarmente – non sempre è frutto dell’irresponsabile ricorso al credito: nelle esperienze di tutti i paesi, le cause più frequenti dell’insolvenza della persona fisica vanno ricercate nell’impatto di shock esterni, quali la crisi economica, la perdita del lavoro, le malattie, la rottura delle famiglie, il mantenimento dei figli, col connesso aumento delle spese, che rompono quel delicato equilibrio, su cui si costruisce l’indebitamento. Ratio della legge n. 3/2012 è di porre rimedio all’ingiusta disparità di disciplina, con la previsione di procedure specificamente dedicate all’insolvente civile, che, diversamente dal fallimento, che è richiesto dai creditori e/o dal pubblico ministero, possono essere richieste solo dallo stesso debitore.

  1. FINALITÀ E DEFINIZIONI (art. 2)

Le procedure previste dalla legge n. 3/2012 si collocano in un’area di residualità, nella quale le situazioni di sovraindebitamento non sono soggette né assoggettabili a procedure concorsuali diverse (art. 6, co. 1, L. 3/2012). 2.1. Il presupposto soggettivo delle procedure Per beneficiare delle procedure di composizione della crisi, il debitore deve essere o un imprenditore commerciale non soggetto al fallimento perché al di sotto la soglia prevista dall’art. 1 legge fall. (ndr. investimenti maggiori di 300.000 euro o ricavi annui superiori a 200.000 euro) ovvero un imprenditore piccolo ex art. 2083 c.c., agricolo ex art. 2135 c.c., un professionista, un ente non commerciale, un consumatore. E’ opinione comune che i soggetti collettivi, oltre alle persone fisiche, possano accedere alla procedura di accordo del debitore, non essendovi limiti espressi della legge in tal senso.

Non vi sono ostacoli all’utilizzo della nuova disciplina da parte dell’imprenditore non più fallibile per il decorso dell’anno ex art. 10 legge fall. Quanto alla qualità di consumatore, l’art. 6, che riprende l’art. 3 Cod. cons., lo definisce come il debitore, persona fisica, che abbia assunto obbligazioni esclusivamente per scopi estranei all’attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta. La definizione assegna, dunque, rilevanza allo scopo in base al quale si contrae l’obbligazione, fonte del credito. In caso di attività promiscua, vale a dire di crediti derivanti da obbligazioni contratte nell’interesse sia di un’attività d’impresa, che personale, non si può far riferimento alla procedura di composizione dedicata al solo consumatore (ndr. il c.d. piano).

Ricostruire lo scopo dell’assunzione del debito, non è facile, ma va sottolineato che la nozione legislativa di consumatore è, ad esempio, compatibile con debiti derivanti da finanziamenti concessi per l’acquisto di un immobile non destinato ad attività imprenditoriale (ndr. l’art. 122, co. 1, lett. e), f), D. Lgs. 385/93 esclude dalla disciplina del credito al consumo i finanziamenti destinati all’acquisto di un terreno o di un immobile e quelli garantiti da ipoteca).

Quanto alla posizione del garante o fidejussore, per la sua qualificazione come consumatore (e la conseguente legittimazione a proporre il piano), occorre riferirsi alla posizione del debitore principale, con la conseguenza che se l’obbligazione garantita è stata assunta da un professionista, anche il garante si considera tale: in altri termini, la qualità del debitore principale attrae quella del fidejussore (CGE, C-45/96 del 17 marzo 1998; Cass. 29 novembre 2011, n. 25212; Trib. Bergamo, 12 dicembre 2014, in www.ilcaso.it). 2.2. Il presupposto oggettivo delle procedure Il debitore deve trovarsi in uno stato di sovraindebitamento.

Per SOVRAINDEBITAMENTO s’intende

a) una situazione di perdurante squilibrio tra le obbligazioni assunte e il patrimonio prontamente liquidabile per farvi fronte – ovvero –
b) la definitiva incapacità del debitore di adempiere regolarmente le proprie obbligazioni. La prima definizione corrisponde ad una situazione d’insolvenza comune ad entrambe le ipotesi previste dalla norma, nota alla dottrina ed alla giurisprudenza, vale a dire il caso dell’illiquidità e cioè di quella situazione nella quale il debitore non è in grado di far fronte ai debiti scaduti, ancorchè, in astratto, il suo patrimonio abbia un valore superiore (v. MAFFEI ALBERTI, Commentario breve alla legge fallimentare, Padova, 2013, Vi ed., comm. Art. 5, 34 e segg.).

Nel valutare lo squilibrio non si calcolano i redditi futuri o probabili, perché la necessità che il patrimonio sia prontamente liquidabile comporta che non si possa tenere conto di redditi non percepiti. Quanto all’incapacità di adempiere regolarmente, essa corrisponde alla definizione dell’insolvenza data dalla legge fallimentare (art. 5 legge fall.): una situazione di difficoltà non transitoria, che diventa sintomo evidente del sovraindebitamento.

  1. I PRESUPPOSTI DI AMMISSIBILITÀ: l’accordo ed il piano (art. 7)

3.1. L’accordo sulla base di un piano Il debitore sovraindebitato – sia il debitore civile che il consumatore – con l’assistenza dell’Organismo di composizione della crisi (di seguito, anche OCC) può proporre ai creditori un accordo di ristrutturazione dei debiti e di soddisfazione dei crediti (rateazioni, stralcio, riduzione interessi.), sulla base di un piano.

Il piano rientra nella categoria degli accordi di ristrutturazione nella versione concordataria (FABIANI, Crescita economica, crisi e sovraindebitamento, in Corr. giur., 2012, 453). La disciplina del piano del consumatore è ispirata alla massima flessibilità ed atipicità, fatti salvi alcuni limiti e preclusioni, tra le quali la previsione di un intervallo di cinque anni per la richiesta di una nuova procedura di composizione della crisi da parte del debitore che ne abbia precedentemente beneficiato (art. 7, co. 2, lett. b), L. 3/2012).

Il piano prevede requisiti obbligatori e requisiti eventuali:

– 1. (requisito obbligatorio) le scadenze e le modalità di pagamento dei creditori, anche suddivisi in classi (privilegiati e non, bancari o commerciali, per anzianità, garantiti e non, ecc..),
– 2. (requisito obbligatorio) il pagamento integrale dei crediti impignorabili ex art. 545 c.p.c. (crediti alimentari, per sussidi per povertà, maternità, malattie e funerali; salari, stipendi ed indennità per la metà),
– 3. (requisito obbligatorio) il pagamento integrale – anche dilazionato – dei tributi costituenti risorse proprie dell’UE, dell’iva e delle ritenute operate e non versate,
– 4. (requisito obbligatorio) la ricostruzione della posizione fiscale con l’indicazione degli eventuali contenziosi (v. art. 8.1),
– 5. (requisito eventuale) l’indicazione delle garanzie rilasciate da terzi per l’adempimento dei debiti,
– 6. (requisito eventuale) l’indicazione delle modalità della liquidazione dei beni,
– 7. (requisito eventuale) la previsione della soddisfazione parziale dei creditori muniti di diritto di prelazione (privilegio, pegno, ipoteca), purchè ne venga assicurato il pagamento in misura non inferiore a quella realizzabile in caso di liquidazione del bene o del diritto su cui cade la prelazione (avuto riguardo al loro valore di mercato, come attestato dall’Organismo di composizione),
– 8. (requisito eventuale) l’affidamento del patrimonio del debitore ad un gestore per la liquidazione, la custodia e la distribuzione del ricavato ai creditori (gestore da individuare tra i soggetti legittimati a rivestire la funzione di curatore fallimentare).

Con riferimento ai requisiti obbligatori, si tratta di allegare la documentazione necessaria per consentire al tribunale di omologare il piano: è stato così rigettato per mancanza dei presupposti di legge il ricorso per la composizione della crisi da sovraindebitamento che non indicava scadenze e modalità di pagamento dei creditori, nonché privo delle dichiarazioni dei redditi del debitore e dell’attestazione di fattibilità del piano prevista dall’art. 9, co. 2 (Trib. Firenze, 27 agosto 2012, inedita).

3.2. I requisiti di ammissibilità della proposta di accordo Non tutti possono beneficiare della procedura di composizione; ne sono esclusi quelli che:
a) sono stati assoggettati a procedure fallimentari,
b) hanno fatto ricorso ad una procedura di composizione della crisi da sovraindebitamento nei precedenti cinque anni,
c) hanno subito, per cause loro imputabili, uno dei provvedimenti di cui agli artt. 14 (impugnazione e risoluzione dell’accordo) e 14-bis (revoca e cessazione degli effetti dell’omologazione del piano del consumatore) della Legge n.3/2012.

  1. IL CONTENUTO DELL’ACCORDO O DEL PIANO DEL CONSUMATORE (art. 8)

Il debitore presenta, con l’assistenza dell’Organismo di composizione della crisi, la proposta di accordo od il piano. Nulla vieta al debitore di avvalersi di un soggetto di sua fiducia per la redazione del piano o della proposta di accordo, ma è l’OCC che, in ogni caso, deve fare proprio, condividendolo, il piano redatto del professionista privato, verificandone sia la veridicità, che la fattibilità, a norma dell’art. 15, co. 6, e così rendendosi garante nei confronti del tribunale e dei creditori, conformemente alle sue attribuzioni pubblicistiche (Trib. Vicenza, 29 aprile 2014, in www.ilcaso.it). La competenza spetta al tribunale ove risiede o ha sede il debitore (art. 9, co. 1).

Quella dell’OCC si individua secondo la competenza del tribunale, tenendo conto che la sede dell’organismo deve essere quella effettiva, con competenza limitata al circondario del tribunale di riferimento (Trib. Vicenza, 29 aprile 2014, cit.). L’autonomia lasciata alle parti è ampia, sia per ciò che attiene alle modalità di soddisfacimento dei singoli creditori, sia per ciò che concerne il mezzo di soddisfacimento (non solo il denaro): il piano potrà avere contenuto dilatorio, esdebitatorio o misto e prevedere anche una moratoria fino ad un anno dall’omologazione per il pagamento dei creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca (salvo sia prevista la liquidazione dei beni e diritti sui quali grava la causa di prelazione); possono essere previste limitazioni di accesso al mercato del credito, all’utilizzazione di strumenti di pagamento elettronico, alla sottoscrizione di strumenti creditizi e finanziari.

4.1. Il carattere dilatorio o esdebitatorio La proposta di accordo o di piano (deve)prevede(re) la ristrutturazione dei debiti e la soddisfazione dei crediti con qualsiasi forma, anche attraverso la cessione dei crediti futuri. Ne deriva che la proposta di accordo può avere qualunque contenuto, dilatorio, esdebitatorio e può cumulare entrambe le soluzioni (v. ante requisito 1). Per la mancanza di una disposizione contraria, è ammissibile che alcuni beni del debitori non siano destinati alla soddisfazione dei creditori attraverso l’accordo (i c.d. beni fuori concorso): l’art. 7 della legge in commento, a differenza del procedimento di liquidazione, di cui all’art. 14-ter, non riguarda necessariamente tutti i beni del debitore ((Trib. Pistoia, 19 novembre 2014, n. STANGHELLINI, Forme di interazione tra procedure concorsuali: l’utilizzo di finanza esterna concordataria nella procedura di sovraindebitamento, in www.ilcaso.it).

4.2. I crediti privilegiati I creditori privilegiati hanno diritto al pagamento integrale; essi non votano la proposta di accordo, salvo rinuncino alla prelazione (art. 11, co. 2); è possibile prevedere la moratoria del loro pagamento fino ad un anno dall’omologazione dell’accordo (art. 8, comma 4).

4.3. I crediti fiscali La falcidia dei crediti nella proposta di accordo non colpisce i crediti relativi a tributi UE, all’iva ed alle ritenute operate e non versate; per il loro pagamento, il piano può avere solo carattere dilatorio, con la previsione della dilazione dei termini di pagamento, sanzionata con la cessazione di diritto dell’accordo, nel caso di mancato rispetto del termine di novanta giorni dalle scadenze previste per il pagamento di questi crediti (art. 11, co. 5).

La rilevanza delle imposte erariali, è confermata dall’obbligo di presentare la proposta di accordo, a cura dell’Organismo di composizione, all’Agenzia delle Entrate, all’Esattoria ed agli uffici fiscali presso l’ente locale dell’ultima residenza, unitamente alla ricostruzione dell’indebitamento e del contenzioso tributario.

4.4. I crediti impignorabili Per essi non è ammessa alcuna falcidia o dilazione: devono essere pagati alla scadenza (art. 545 c.p.c.).

4.5. La par condicio e le classi dei creditori La legge non prevede che i creditori siano soddisfatti secondo le regole del concorso, ma il richiamo dell’art. 7, co. 2, lett. a) alle procedure concorsuali, fa ritenere che si applichi la regola della par condicio. Considerata la possibilità della divisione dei creditori per classi, il piano può stabilire condizioni differenziate per le classi, applicandosi la regola della par condicio al loro interno, fermo restando che i titolari di crediti impignorabili, i crediti tributari ed i creditori privilegiati capienti devono essere soddisfatti integralmente (v. ante requisito 1). Quanto alle classi, nonostante il legislatore non abbia previsto che si formino attorno a crediti con natura giuridica ed interessi economici omogenei, come nel concordato preventivo, questo criterio si applica per analogia anche alle procedure in esame (v. l’art. 160, co. 1, lett. c) legge. fall.).

4.6. I termini e le modalità di pagamento; l’intervento di terzi garanti Il piano (ndr. l’accordo ed il piano) deve prevedere i termini e le modalità di pagamento dei creditori, che possono essere suddivisi in classi, le modalità per l’eventuale liquidazione e le eventuali garanzie rilasciate da terzi per l’adempimento dei debiti: in quest’ultima ipotesi, la proposta di ACCORDO o di PIANO dev’essere sottoscritta dal/i terzo/i, a conferma della sua fattibilità (v. ante requisito 5).

4.7. Il gestore del patrimonio Il piano (ndr. l’accordo ed il piano) può prevedere l’affidamento del patrimonio del debitore ad un gestore nominato dal giudice per la liquidazione, la custodia e la distribuzione del ricavato ai creditori, da scegliere tra i professionisti in possesso dei requisiti per la nomina a curatore in alternativa all’Organismo di composizione della crisi (v. ante requisito 8). 4.8. Il liquidatore e la liquidazione Se per la soddisfazione dei crediti sono utilizzati beni pignorati o se previsto dall’accordo, il giudice su proposta dell’OCC, nomina un liquidatore, che dispone in via esclusiva di questi beni e delle somme incassate. Come per la figura del gestore, liquidatore può essere lo stesso l’OCC (v. ante requisito 6).
La nomina del liquidatore è obbligatoria quando nel patrimonio del debitore vi siano beni pignorati. Le modalità della loro liquidazione sono previste nel piano.

4.9. La moratoria degli interessi La proposta di accordo con la continuazione dell’attività d’impresa e il piano del consumatore possono prevedere la moratoria di un anno per il pagamento dei crediti privilegiati, salvo sia prevista la liquidazione dei beni o diritti sui quali insiste la causa di prelazione.

4.10. I crediti prededucibili L’art. 13, co. 4 bis stabilisce che i crediti sorti in occasione od in funzione di uno dei procedimenti di composizione sono soddisfatti con preferenza rispetto agli altri, con esclusione di quanto ricavato dalla liquidazione dei beni oggetto di pegno od ipoteca per la parte destinata ai creditori garantiti. Nel riconoscere la prededuzione, il legislatore ha chiaramente richiamato la disciplina dettata dall’art. 111, ult. co. Legge fall. 4.11. Gli oneri a carico del debitore La proposta di accordo od il piano possono prevedere, a carico del debitore: – limitazioni all’accesso al mercato del credito al consumo, – limitazioni all’utilizzo degli strumenti di pagamento elettronico a credito, – limitazioni alla sottoscrizione di strumenti creditizi o finanziari.

  1. IL DEPOSITO DELLA PROPOSTA E IL PROCEDIMENTO (art. 9)

La proposta di ACCORDO e la proposta di PIANO si depositano presso il Tribunale di residenza del debitore o dove questi abbia la sede dell’impresa. A cura dell’OCC, non oltre tre giorni dal deposito, la proposta deve essere presentata all’agente per la riscossione ed agli uffici fiscali, anche presso gli enti locali, con la ricostruzione della posizione fiscale e l’indicazione di eventuali contenziosi pendenti. Alla proposta si allegano i seguenti documenti (ndr. da allegare anche alla domanda di liquidazione):

1. l’elenco dei creditori con l’indicazione delle somme dovute,
2. l’elenco dei beni del debitore,
3. l’elenco degli atti di disposizione compiuti negli ultimi cinque anni,
4. l’attestazione della fattibilità del piano dell’Organismo,
5. l’elenco delle spese necessarie al sostentamento del debitore e della sua famiglia (ndr. da produrre anche il certificato dello stato di famiglia).

Se il debitore è un imprenditore, debbono essere depositate le scritture contabili degli ultimi tre esercizi, con allegata una dichiarazione che ne attesti la conformità agli originali. L’imprenditore agricolo che depositi la proposta di accordo non è esonerato per il solo fatto di non essere obbligato alla tenuta delle scritture contabili e alla redazione dei bilanci, dal deposito della documentazione che consenta di ricostruire la sua situazione patrimoniale ed economica, ai sensi dell’art. 7, co. 2, lett. d), dovendo, se necessario, redigere ex novo i documenti riepilogativi a ciò destinati (Trib. Cremona, 17 aprile 2014, in www.ilcaso.it). Il giudice può concedere un termine perentorio, non superiore a quindici giorni, per apportare integrazioni alla proposta e produrre nuovi documenti (art. 9, co. 3 ter).

Con riferimento al piano del consumatore, il debitore deve allegare una relazione particolareggiata dell’Organismo di composizione della crisi, che contenga:
a) l’indicazione delle cause dell’indebitamento e della diligenza impiegata dal consumatore nell’assumere volontariamente le obbligazioni,
b) la rappresentazione delle ragioni dell’incapacità del debitore di adempiere le obbligazioni assunte,
c) il resoconto sulla solvibilità del consumatore negli ultimi cinque anni,
d) l’indicazione di atti del debitore impugnati dai creditori,
e) il giudizio dell’organismo di composizione della crisi circa la completezza ed attendibilità della documentazione depositata, nonché la probabile convenienza del piano rispetto alla liquidazione dei beni. Non è prevista dalla legge la difesa tecnica del debitore che presenta la proposta di piano o di accordo (da segnalare, tuttavia, l’orientamento contrario del Trib. Vicenza, 29 aprile 2014, che ha stabilito la necessità dell’assistenza tecnica perché: la proposta è una domanda giudiziale con il fine di comporre una crisi finanziaria con interessi contrapposti; il ricorso è introduttivo di una procedura giurisdizionale; la procedura si svolge davanti ad un tribunale; la procedura presenta fasi potenzialmente contenziose.

Detta assistenza potrebbe non essere necessaria se nell’OCC, che presenta materialmente la domanda, vi sia un legale che se ne faccia carico, curando tutti gli aspetti tecnici (il decreto si legge in www.ilcaso.it). 5.1. La sospensione del decorso degli interessi Effetto immediato del deposito della proposta di concordato o del piano del consumatore e della domanda di liquidazione è la sospensione della maturazione degli interessi convenzionali o legali, fatti salvi quelli garantiti da ipoteca, pegno o privilegio (v. artt. 2749, 2788, 2855 cc).

5.2. Novazione
L’accordo ed il piano non determinano la novazione delle obbligazioni, salvo apposita previsione (art. 11, co. 4). 5.3. Il rito processuale La presentazione della proposta determina l’apertura di un procedimento affidato al giudice monocratico del tribunale, regolato dagli artt. 737 e segg. c.p.c. (c.d. procedimento in camera di consiglio o rito camerale). Contro i decreti ed i provvedimenti del giudice monocratico è ammesso reclamo (ndr. nei dieci giorni successivi alla comunicazione del decreto, ex art. 739 c.p.c.), di competenza dello stesso tribunale in composizione collegiale, di cui non può far parte il giudice che ha pronunciato il provvedimento.

LA PROPOSTA DI ACCORDO E LA PROPOSTA DI PIANO, dopo la presentazione, seguono percorsi differenti:
LA PROPOSTA DI ACCORDO, UTILIZZABILE DA OGNI DEBITORE, VA AL GIUDIZIO DEI CREDITORI PER OTTENERE LA MAGGIORANZA DEL 60% DEI CREDITI. LA SECONDA, RISERVATA AL DEBITORE-CONSUMATORE, VA AL GIUDIZIO DEL GIUDICE, SENZA L’INTERVENTO DEI CREDITORI.

  1. L’ACCORDO DI COMPOSIZIONE DELLA CRISI, IL PROCEDIMENTO (Art. 10)

Se la proposta è ammissibile, il Giudice fissa con decreto l’udienza di comparizione , disponendo la comunicazione (della proposta e del decreto) ai creditori. La comunicazione si effettua presso la residenza o la sede legale dei creditori e può essere effettuata per telegramma, raccomandata con avviso di ricevimento, telefax, PEC. Il decreto è reclamabile entro 10 giorni dalla sua comunicazione ai sensi dell’art. 739 c.p.c. La comunicazione deve essere effettuata almeno trenta giorni prima del termine stabilito dall’art. 11, co. 1 per l’arrivo delle dichiarazioni di voto dei creditori (dieci giorni prima dell’udienza per l’omologazione). Tra il giorno del deposito della proposta e della documentazione e l’udienza non devono decorrere più di sessanta giorni. Il decreto ha gli stessi effetti del pignoramento: l’indisponibilità dei beni da parte del debitore con la c.d. segregazione del suo patrimonio, restando preclusa ai creditori posteriori alla comunicazione del decreto, la possibilità di soddisfarsi coattivamente su di essi.

6.1. Il decreto del giudice Con il decreto del Giudice dispone: – la pubblicità della proposta e del decreto (se il debitore è un imprenditore, deve essere disposta anche la pubblicazione in un’apposita sezione del registro delle imprese), – la trascrizione del decreto, a cura dell’OCC, se la proposta preveda la cessione o l’affidamento a terzi di immobili o beni mobili registrati, – sino al momento in cui il provvedimento di omologazione diventerà definitivo, il divieto di iniziare o proseguire azioni esecutive individuali, disporre sequestri conservativi, acquistare diritti di prelazione sul patrimonio del debitore da parte di creditori con titolo o causa anteriore; il divieto si applica anche alle azioni promosse in pendenza del divieto. La sospensione non opera nei confronti dei crediti impignorabili. Il divieto di iniziare o proseguire le azioni esecutive, riguarda quelle individuali, con la conseguenza che resta possibile, se ne ricorressero i presupposti, proporre istanza di fallimento. Il divieto di acquisizione dei diritti di prelazione riguarda i creditori aventi titolo o causa anteriore, sicchè sarà consentito, ad esempio, ai finanziatori della provvista del piano ottenere la concessione di titoli di prelazione. Il divieto è sancito a pena di nullità, il che significa che nel caso in cui la proposta non venisse approvata o non venisse omologata, gli atti di esecuzione, i sequestri, i titoli di prelazione acquisiti nonostante il divieto, resterebbero privi di effetti. La sospensione opera una sola volta. Per tutto il periodo della sospensione e sino al momento in cui l’omologazione diventerà definitiva, le prescrizioni rimangono sospese e le decadenze non si verificano. A decorrere dalla data del decreto e sino alla data dell’omologazione dell’accordo, gli atti eccedenti l’ordinaria amministrazione compiuti senza l’autorizzazione del giudice sono inefficaci rispetto ai creditori anteriori al momento in cui è stata eseguita la pubblicità.

6.2. Il ruolo del giudice Il legislatore non ha chiarito se il giudice – in sede di valutazione dell’esistenza dei presupposti di ammissibilità della proposta e della ricorrenza dei requisiti oggettivi e soggettivi per l’ammissione alla procedura – possa sindacare la fattibilità del piano ed il contenuto dell’attestazione rilasciata dall’OCC. Richiamando il dibattito in tema di sindacabilità nel merito della proposta di concordato preventivo, i primi commentatori hanno ritenuto applicabili i principi affermati dalle Sezioni Unite della Cassazione con la sentenza 23 gennaio 2013, n. 1521, secondo cui il giudice potrà sindacare se la dichiarazione di fattibilità e veridicità dei dati rilasciata dall’OCC ai sensi dell’art. 15, co. 6, sia completa ed adeguata, mentre il sindacato di merito sulla fattibilità sarà riservato al giudice nell’ambito del giudizio di omologa su contestazione dei creditori.

6.3. La revoca del decreto All’udienza il giudice, se accerta la presenza di atti o condotte in frode ai creditori, revoca il decreto ed ordina la cancellazione della sua trascrizione, nonché la cessazione delle pubblicità disposte. Per la revoca, non è prevista la comparizione delle parti, che non hanno il diritto ad essere sentite.

  1. IL VOTO E L’APPROVAZIONE DELL’ACCORDO (art. 11)

La votazione dei creditori avviene fuori dal tribunale. Dieci giorni prima dell’udienza, i creditori fanno pervenire la loro dichiarazione di voto, di approvazione o di rigetto della proposta all’OCC. I creditori possono effettuare la dichiarazione di voto con i) raccomandata a.r., ii) telefax, iii) Posta Elettronica Certificata e iv) telegramma.

La dichiarazione dev’essere sottoscritta con firma autografa del creditore ovvero con firma digitale. L’adesione deve corrispondere al contenuto della proposta. La modifica della proposta comporta una nuova manifestazione del consenso dei creditori. Il silenzio del creditore equivale ad accettazione della proposta. Nel voto, sull’esempio del concordato fallimentare e preventivo, è stata introdotta la regola del silenzio-assenso: i creditori che non abbiamo manifestato il loro consenso nei dieci giorni prima dell’udienza fissata per l’omologazione, si considerano consenzienti alla proposta (art.11, co. 1). Non hanno diritto di voto il coniuge del debitore, i parenti sino al quarto grado, i cessionari o aggiudicatari dei loro crediti da meno di un anno prima della proposta. Non sono legittimati a votare i creditori privilegiati, di cui è previsto il pagamento integrale, salvo rinuncino al privilegio. Nonostante il silenzio della legge, i titolari di crediti impignorabili non sono ammessi al voto, essendo garantita la loro soddisfazione integrale (art. 12, co. 2). Per l’approvazione ed omologazione dell’accordo si deve ottenere il consenso del 60% dei crediti. Ottenuto il consenso del 60% dei crediti, l’OCC trasmette ai creditori una relazione sul raggiungimento della percentuale necessaria per l’approvazione, allegando il testo dell’accordo. Nei dieci giorni successivi, i creditori possono sollevare contestazioni all’OCC. Decorso questo termine, l’OCC trasmette al giudice copia della relazione inviata ai creditori, allegando le contestazioni ricevute e l’attestazione definitiva sulla fattibilità del piano. Il giudice verifica il raggiungimento dell’accordo con la percentuale di legge, l’idoneità del piano ad assicurare il pagamento integrale dei crediti impignorabili, dei crediti tributari e risolve le contestazioni mosse dai creditori. Se uno dei creditori o qualunque interessato contestasse la convenienza dell’accordo, il giudice lo omologa ugualmente, se ritiene che il credito possa essere soddisfatto in misura non inferiore a quanto il creditore riceverebbe nel caso in cui si facesse luogo alla liquidazione (c.d. cram down).

  1. LA QUESTIONE DEI CO-OBBLIGATI, FIDEJUSSORI ED OBBLIGATI IN REGRESSO

L’accordo (ed il piano) non pregiudica(no) i diritti dei creditori nei confronti dei coobbligati, fideiussori e obbligati in via di regresso, sì che costoro non si avvantaggiano della riduzione del credito nei confronti dell’obbligato principale, come invece è previsto in caso di rimessione del debito dall’art. 1239 c.c. Le procedure di composizione non sono state estese ai condebitori del consumatore insolvente: si tratta di una serie di soggetti legati al debitore principale da vincoli di coniugio, parentela od altro, coinvolti nella stessa responsabilità del debitore, per via di garanzie appositamente prestate. Andando, come si vedrà, l’esdebitazione solo a vantaggio del debitore principale, la perdurante soggezione dei coobbligati alle azioni dei creditori, rende teorica la prospettiva di una liberazione dai debiti (c.d. fresh start). Considerato, tuttavia, che nessun ordinamento dei paesi europei estende al condebitore le procedure di composizione e l’esdebitazione, entrambe riservate al debitore garantito, ne segue che l’unica possibilità offerta al condebitore – per liberarsi – è quella di accedere – anch’egli – alle procedure di composizione.

  1. L’OMOLOGAZIONE E LA VINCOLATIVITÀ DELL’ACCORDO (art. 12)

Entro sei mesi dalla presentazione della proposta, l’accordo deve essere omologato dal tribunale. Se omologato, il giudice dispone la pubblicazione dell’accordo nelle forme previste dall’art. 10, co. 2. Se il debitore è un imprenditore, l’omologazione dell’accordo è pubblicata nell’apposita sezione del registro delle imprese, tutto a cura dell’OCC. Avverso l’omologazione è ammesso reclamo, secondo il rito camerale, avanti al collegio, del quale non fa parte il giudice che ha emesso il provvedimento impugnato (art. 12, co. 2).

Il tribunale decide sul reclamo in camera di consiglio con decreto impugnabile in cassazione, attesa la sua natura decisoria, considerato che il decreto rende obbligatorio e vincolante l’accordo per tutti i creditori. Impugnabile è anche il provvedimento di rigetto dell’omologazione, salvo che sia stato adottato per il mancato raggiungimento della maggioranza del 60% dei crediti: la possibilità di ripresentare, infatti, la proposta, esclude il carattere decisorio del provvedimento. L’accordo omologato vincola tutti i creditori anteriori all’esecuzione della pubblicità della proposta: la regola colloca la procedura di composizione tra le procedure concorsuali. L’eventuale sentenza di fallimento del debitore risolve l’accordo, ma i pagamenti eseguiti e le garanzie concesse sono esenti dalla revocatoria fallimentare, di cui all’art. 67 Legge fall.

  1. IL PIANO DEL CONSUMATORE

10.1. Il procedimento di omologazione (art. 12-bis) Oltre all’accordo, il consumatore ha a disposizione una specifica procedura: il piano. La principale differenza tra l’accordo ed il piano è l’assenza della votazione dei creditori sul piano, che viene omologato dal tribunale all’esito di un giudizio sulla sua fattiibilità e sulla meritevolezza del debitore, requisiti valutati con riferimento alle cause dell’indebitamento. La mancanza della previsione della votazione dei creditori o della raccolta di consensi sulla proposta del debitore è una scelta innovativa rispetto alle regole delle tradizionali procedure concorsuali. Probabilmente la procedura senza voto è stata introdotta per superare il possibile disinteresse dei creditori al salvataggio del consumatore. Le condizioni di ammissibilità sono in gran parte le stesse.
Il voto dei creditori è sostituito da un penetrante giudizio del Tribunale: sulla meritevolezza del debitore (ndr. assenza di colpa del debitore nella determinazione del sovraindebitamento) e della sua proposta (ndr. fattibilità del piano ed idoneità ad assicurare il pagamento dei crediti impignorabili e dei crediti fiscali). Per consentire al Tribunale di giudicare, previa convocazione dei creditori, l’Organismo di composizione deve allegare alla proposta di piano una relazione dettagliata: sulle cause dell’indebitamento, sulla condotta tenuta dal consumatore nell’assumere le obbligazioni, sulle ragioni della sua incapacità ad adempiere, sulla solvibilità del consumatore negli ultimi cinque anni, con l’indicazione degli atti del debitore impugnati dai creditori, col giudizio sulla completezza ed attendibilità della documentazione presentata, sulla (probabile) convenienza del piano rispetto alla liquidazione del patrimonio.
Si tratta di informazioni indispensabili per consentire al Tribunale di accertare se l’accesso al credito non sia stato perseguito dal debitore nella consapevolezza di non poter far fronte agli impegni o in misura sproporzionata rispetto alle sue capacità patrimoniali. La valutazione di convenienza è funzionale al giudizio di c.d. cram down che il Tribunale deve formulare in sede di omologazione dell’accordo o del piano, se un creditore o un interessato contestino la convenienza dell’accordo o del piano rispetto ad altre alternative praticabili.
Le prime decisioni dei giudici di merito hanno omologato il piano del consumatore redatto con l’ausilio dell’OCC, risultando la non colpevolezza del sovraindebitamento, la fattibilità e sostenibilità del piano, nonché la convenienza per i creditori, sia rispetto all’alternativa liquidatoria, sia in relazione alla durata (Trib. Pistoia, 7 gennaio 2014, in Banca borsa tit. cred., 2014, II, 537, n. PELLECCHIA, Primi provvedimenti sulle procedure di composizione delle crisi da sovraindebitamento: in particolare, il piano del consumatore; nella fattispecie, il sovraindebitamento si era formato sulla base di contratti di finanziamento stipulati per far fronte a spese correnti necessarie per la vita quotidiana, a spese mediche, al sostegno di familiari in difficoltà).
Il piano del consumatore è stato altresì omologato anche se il l’indebitamento era costituito principalmente da debiti contratti per sostenere l’attività professionale di un terzo (Trib. Pistoia, 27 dicembre 2013, in www.ilcaso.it). Per converso, l’omologazione del piano del consumatore è stata revocata, in sede di reclamo, per la natura colposa del sovraindebitamento (Trib. Pistoia, 28 febbraio 2014, in Banca borsa tit. cred., 2014, II, 537 cit., che ha riformato la precedente decisione dello stesso tribunale 7 gennaio 2014 cit.) o non è stata concessa per il ricorso continuo e temporalmente concentrato a più fonti di finanziamento, tale da assorbire, con impegni negoziali di restituzione rateale, i propri interi redditi, in una situazione in cui il debitore aveva la sola proprietà di un immobile ipotecato (Trib. Ravenna, 17 dicembre 2014, in www.ilcaso.it; Trib. Lucca, 28 febbraio 2014, in www.ilfallimentarista.it).
Quanto al procedimento, la principale differenza rispetto a quello dell’accordo consiste nel fatto che il giudice, presentata la proposta, fissa con decreto l’udienza di comparizione dei creditori, entro i sessanta giorni successivi, ma non sospende le azioni esecutive e cautelari, né dispone la pubblicità del decreto. La ragione di questa differenza sta nella maggiore semplicità del procedimento e nella mancanza di un’azienda da proteggere nel caso di debitore-consumatore. La mancata sospensione non è assoluta, in quanto il giudice può sospendere specifici procedimenti di esecuzione forzata se questi possano pregiudicare la fattibilità del piano e sino alla data dell’omologazione.
La proposta del piano ed il decreto del giudice sono comunicati dall’OCC ai creditori nei trenta giorni successivi al deposito della documentazione allegata alla proposta. Il creditore dissenziente, il creditore escluso ed ogni altro interessato possono contestare la convenienza del piano, ma il giudice – analogamente alla disciplina dell’accordo – l’omologa ugualmente se ritiene che il credito possa essere soddisfatto dall’accordo in misura uguale alla soddisfazione che riceverebbe dalla liquidazione del patrimonio del debitore. La procedura da seguire per le contestazioni è sempre quella del procedimento in camera di consiglio, di cui agli artt. 737 e segg. c.p.c. (in virtù del richiamo dell’art. 12 bis, co. 5 all’art. 12, co. 2). A parte la risoluzione delle eventuali contestazioni, oggetto del giudizio di omologazione è la fattibilità del piano, attestata dall’OCC e l’assenza di colpa del consumatore nella determinazione della situazione di sovraindebitamento.
L’omologazione deve avvenire entro sei mesi dalla presentazione della proposta; il giudice provvede con decreto, disponendo forme di pubblicità a cura dell’OCC. Il decreto di omologa equivale all’atto di pignoramento. 10.2. Effetti dell’omologazione (art. 12-ter) I principali effetti dell’omologazione sono: 1. la segregazione del patrimonio: dalla data dell’omologazione, i creditori per causa o titolo posteriore non possono procedere esecutivamente sui beni oggetto del piano, mentre quelli anteriori non possono compiere atti esecutivi, azioni cautelari, né acquistare diritti di prelazione sul patrimonio del consumatore, 2. l’obbligatorietà del piano per tutti i creditori anteriori al momento in cui è stata eseguita la pubblicità. Come già precisato, l’omologazione non pregiudica i diritti dei creditori nei confronti dei coobbligati, fideiussori e obbligati in via di regresso.

  1. L’ESECUZIONE DEL PIANO O DELL’ACCORDO (PARTE COMUNE) – L’ESECUZIONE DELL’ACCORDO O DEL PIANO (art. 13)

11.1. Il liquidatore L’esecuzione dell’accordo/piano è rimessa ad un liquidatore nominato dal giudice, su proposta dell’OCC (e può essere lo stesso OCC), quando per la soddisfazione dei crediti siano utilizzati beni sottoposti a pignoramento o quando la nomina del liquidatore sia prevista dall’accordo. Il liquidatore dispone in via esclusiva dei beni pignorati e delle somme incassate dalla loro liquidazione (art. 13, co. 1).
11.2. Il gestore Quando non è obbligatoria la nomina di un liquidatore, il patrimonio del debitore può essere affidato ad un gestore, anche lo stesso OCC, nominato dal giudice, per la liquidazione, la custodia e la distribuzione del ricavato ai creditori.
11.3. Il debitore Al di fuori dei casi di nomina obbligatoria del liquidatore, anche lo stesso debitore può essere l’esecutore dell’accordo, non subendo alcun spossessamento dall’apertura della procedura.
11.4. L’OCC e il giudice L’OCC ha la vigilanza sull’esatto adempimento dell’accordo e deve comunicare ai creditori ogni irregolarità; all’OCC è attribuito il potere di risolvere le difficoltà insorte nell’esecuzione dell’accordo/piano, potere che, nella pratica, consiste nel tentare di comporre amichevolmente le controversie insorte, fermo restando che al giudice compete la decisione sulle contestazioni che involgono diritti, oltre che sulla sostituzione del liquidatore per giustificati motivi (art. 13, co. 2).
Il Giudice risolve le difficoltà insorte nell’esecuzione del piano/accordo non risolte dall’organismo e vigila sull’esatto adempimento. La procedura da seguire è quella del rito camerale, richiamato dall’art. 12 per il giudizio di omologazione. Spetta al giudice di autorizzare lo svincolo delle somme ed ordinare la cancellazione delle trascrizioni del pignoramento, delle iscrizioni di diritti di prelazione, del decreto di fissazione dell’udienza di comparizione dei creditori e di ogni altro vincolo, nonché di ordinare la cessazione della pubblicità. Il potere si esercita sentito il liquidatore, ma questo non vuol dire che l’autorizzazione del giudice sia necessaria solo con riferimento ai beni pignorati (ndr. la cui liquidazione richiede l’obbligatoria nomina del liquidatore); per evitare un vuoto legislativo, sarà sempre il giudice ad autorizzare svincolo e cancellazioni anche in assenza del liquidatore.
11.5. Il patrimonio destinato del debitore I pagamenti e gli atti dispositivi di beni compiuti violazione dell’accordo o del piano sono inefficaci rispetto ai creditori anteriori alla data della pubblicità del decreto, fatto che rende il patrimonio del debitore soggetto ad un vincolo di destinazione. 11.6. L’esenzione dal rischio di revocatoria Atti, pagamenti, garanzie effettuati e concesse in esecuzione dell’accordo non sono soggette all’azione revocatoria fallimentare (art. 12, co. 5 in relazione all’art. 67 legge fall.).
L’esimente dei reati di bancarotta fraudolenta preferenziale e semplice, prevista dall’art. 217 bis legge fall. non si applica, in mancanza di richiamo espresso, ai pagamenti ed alle operazioni eseguite in adempimento dell’accordo di composizione della crisi omologato. 11.7. La prededuzione dei crediti Come già precisato, riprendendo il disposto dell’art. 111 Legge fall., i crediti sorti in occasione od in funzione dell’accordo/piano beneficiano dell’attributo della prededucibilità, sicchè vengono soddisfatti con preferenza rispetto agli altri creditori, ma non sul ricavato dei beni oggetto di diritti di prelazione. De iure condendo, è logico pensare che tra i crediti prededucibili rientrino le spese della procedura, il compenso del liquidatore e del gestore, gli eventuali crediti dell’OCC per l’attività svolta, oltre, naturalmente, ai crediti derivanti da finanziamenti ricevuti per l’esecuzione dell’accordo omologato.

  1. L’ANNULLAMENTO E LA RISOLUZIONE DELL’ACCORDO (art. 12)

L’accordo può essere impugnato da ogni creditore con le azioni di risoluzione ed annullamento. L’accordo annullato o risolto si converte ex lege nella procedura di liquidazione dei beni, salvo quando la risoluzione non dipenda da una causa imputabile al debitore (art. 14-quater).
12.1. L’annullamento dell’accordo e la cessazione degli effetti del piano L’annullamento può essere contestato quando è stato dolosamente o con colpa grave aumentato o diminuito il passivo ovvero sottratta o dissimulata una parte rilevante dell’attivo od ancora dolosamente simulate attività inesistenti; si tratta di ipotesi tassative. Le stesse ipotesi consentono al creditore di domandare la cessazione degli effetti del piano presentato dal consumatore (art. 14 bis). L’azione di annullamento si deve proporre a pena di decadenza entro sei mesi dalla scoperta e, comunque, non oltre due anni dalla scadenza dell’ultimo adempimento previsto. L’azione di annullamento spetta ad ogni creditore e si tiene nelle forme del procedimento camerale, disciplinato dagli artt. 737 e segg. c.p.c.; la competenza spetta al Tribunale in composizione monocratica. Il reclamo si propone al Tribunale in composizione collegiale, di cui non fa parte il giudice che ha pronunciato il provvedimento.
12.2. La risoluzione Parimenti, l’azione di risoluzione spetta ad ogni creditore, quando ricorrono le ipotesi tassative previste dall’art. 14: il proponente non adempie regolarmente alle obbligazioni derivanti dall’accordo, le garanzie promesse non vengono date, l’esecuzione dell’accordo diviene impossibile per cause non imputabili al debitore. La decadenza dal diritto di proporre l’azione di risoluzione è uguale a quella dell’azione di annullamento – sei mesi dalla scoperta – ma più breve è il termine ad quem – un anno dalla scadenza del termine fissato per l’ultimo adempimento. L’inadempimento del debitore è qualsiasi inadempimento: è sufficiente che non adempia regolarmente e, quindi, qualunque violazione consente al creditore di esercitare l’azione. Quanto all’ipotesi di risoluzione dell’accordo perché la sua esecuzione si rivela impossibile per causa non imputabile al debitore, ipotesi che richiama un consolidato orientamento giurisprudenziale maturato con riferimento al concordato con cessione di beni (ex multis, Cass. 20 giugno 2011, n. 13446), l’art. 13, co. 4 ter consente al debitore di modificare ed adeguare la proposta con l’assistenza dell’OCC e di ripetere dall’inizio la procedura di composizione. Il procedimento per la dichiarazione della risoluzione è uguale a quello dell’azione di annullamento. Una particolare ipotesi di risoluzione di diritto è prevista dall’art. 12, ult. comma, che stabilisce che il fallimento del debitore risolve l’accordo.
Annullamento e risoluzione non pregiudicano i diritti acquistati dai terzi di buona fede.
12.3. La revoca dell’accordo e la cessazione degli effetti dell’omologazione del piano L’accordo può, con dichiarazione assunta d’ufficio dal giudice, cessare di avere effetto se il debitore – entro 90 giorni – dalle scadenze previste nel piano non esegue integralmente i pagamenti dovuti alle amministrazioni pubbliche. L’accordo è, altresì, revocato se durante la procedura risultano compiuti atti diretti a frodare le ragioni dei creditori (art. 11, co. 5). Nel caso di piano del consumatore omologato, si parla di cessazione degli effetti dell’omologazione. Il giudice procede d’ufficio con provvedimento reclamabile ai sensi dell’art. 739 c.p.c. Alla revoca fa seguito l’apertura automatica della procedura di liquidazione. La cessazione degli effetti dell’omologazione del piano e la revoca fanno convertire la procedura in quella di liquidazione ex art. 14-quater. Come per l’accordo, quando l’esecuzione del piano del consumatore diventa impossibile per ragioni a lui non imputabili, con l’assistenza dell’OCC, il consumatore può modificare la proposta, sia come piano, che come accordo di ristrutturazione.

  1. LA LIQUIDAZIONE DEL PATRIMONIO DEL DEBITORE

È un nuovo strumento a disposizione del debitore per il soddisfacimento dei creditori, che si affianca all’accordo ed al piano. La procedura liquidatoria è richiesta dal solo debitore e riguarda l’intero patrimonio, salvo il caso di singoli beni espressamente esclusi. La procedura di liquidazione si apre d’ufficio nei casi di revoca, cessazione di diritto, annullamento, risoluzione dell’accordo, revoca e cessazione del piano. È esclusa in caso di risoluzione dell’accordo o di cessazione degli effetti del piano per cause non imputabili al debitore. Alla liquidazione segue l’esdebitazione. 13.1. La liquidazione dei beni (art. 14-ter) La domanda di liquidazione si presenta al Tribunale territorialmente competente in base alla residenza od alla sede principale del debitore I documenti da produrre sono gli stessi che si presentano per la proposta di accordo o di piano, ai quali si aggiungono: – l’inventario dei beni del debitore, con l’indicazione sul possesso degli immobili e delle cose mobili, – una relazione particolareggiata dell’Organismo di Composizione, che contenga/riferisca su:
– a) le cause dell’indebitamento e la diligenza impiegata dal debitore nell’assumere volontariamente le obbligazioni,
– b) l’esposizione delle ragioni dell’incapacità del debitore di adempiere le obbligazioni assunte,
– c) il resoconto sulla solvibilità del debitore negli ultimi cinque anni,
-d) l’indicazione di atti del debitore impugnati dai creditori,
– e) il giudizio sulla completezza e attendibilità della documentazione depositata. La domanda è inammissibile in tutti i casi in cui la documentazione prodotta non consenta di ricostruire la situazione economico-patrimoniale del debitore (art. 14 ter, co. 5).

La domanda è sempre riproponibile. Gli effetti del deposito (uguali a quelli del deposito della proposta di accordo o di piano) della domanda di liquidazione sono la sospensione della maturazione degli interessi convenzionali o legali, fatti salvi quelli garantiti da ipoteca, pegno o privilegio (artt. 2749, 2788, 2855 cc). 13.2. Il decreto di apertura della liquidazione (art. 14-quinquies) Il giudice, se la domanda è ammissibile, verificata l’assenza di atti in frode ai creditori negli ultimi cinque anni, dichiara aperta la procedura con decreto Il giudice dispone che, sino al provvedimento di omologazione definitivo della liquidazione, sono nulle le azioni esecutive, cautelari- iniziate o proseguite – e i diritti di prelazione acquisiti a favore di creditori con titolo o causa anteriore. Anche questo decreto del giudice è equiparato all’atto di pignoramento.
Con il decreto il giudice:
a) nomina un liquidatore, salvo sia già stato nominato nella precedente procedura di accordo o di piano,
b) dispone che, a pena di nullità, sino al momento in cui diventa definitivo il provvedimento di omologa (rectius, sino al provvedimento di chiusura della liquidazione ex art. 14-novies), non possano essere iniziate o proseguite azioni cautelari o esecutive, né acquistati diritti di prelazione sul patrimonio oggetto della liquidazione da parte di creditori anteriori,
c) stabilisce la forma di pubblicità della domanda e del decreto e l’annotazione sul registro delle imprese, se il debitore è imprenditore,
d) ordina la trascrizione del decreto – a cura del liquidatore – se nel patrimonio ci siano beni immobili o mobili registrati,
e) ordina il rilascio o la consegna dei beni facenti parte del patrimonio (il decreto è titolo esecutivo e deve essere eseguito dal liquidatore),
f) fissa quanto il debitore può trattenere per il mantenimento suo e della famiglia dei crediti alimentari, di mantenimento, per stipendi, pensioni e salari o di ciò che guadagna con la sua attività.

13.3. L’inventario e l’elenco dei creditori (art. 14-sexies) Fatto l’inventario, il liquidatore comunica ai creditori che possono partecipare alla liquidazione, indicando la data per la presentazione delle domande (v. art. 14-septies Domande di partecipazione alla liquidazione). La liquidazione richiama la procedura fallimentare per le sue caratteristiche quali lo spossessamento del debitore, la liquidazione del patrimonio da parte di un organo della procedura e l’accertamento delle passività attraverso le domande di partecipazione dei creditori.
13.4. La formazione dello stato passivo (art. 14-octies) Il liquidatore, esaminate le domande dei creditori, predispone un progetto di stato passivo, che comunica agli interessati, assegnando il termine di 15 giorni per le loro osservazioni. L’individuazione della massa passiva avviene attraverso l’accertamento dello stato passivo sulla base delle domande di partecipazione alla liquidazione proposte dai creditori, accertamento svolto al di fuori del Tribunale dal liquidatore, con l’intervento del giudice nel solo caso di contestazioni dei creditori non superabili dal liquidatore. Le osservazioni, se fondate, comportano la predisposizione di un nuovo progetto. Dinanzi a contestazioni insuperabili, il liquidatore rimette gli atti al giudice, che provvede alla definitiva formazione del passivo.
13.5. La liquidazione e la vendita dei beni (art. 14-novies) Entro 30 giorni dalla formazione dell’inventario, il liquidatore predispone il programma di liquidazione, che deposita presso la cancelleria del giudice e comunica al debitore ed ai creditori. Il legislatore non interviene sul contenuto del programma liquidatorio – che non deve essere approvato dal giudice e/o dai creditori – limitandosi a precisare che il programma deve assicurare la ragionevole durata della procedura. La procedura di liquidazione resta aperta sino all’esecuzione completa della liquidazione e comunque per almeno quattro anni dalla data del deposito dell’istanza di ammissione alla procedura. La durata minima della procedura è stata prevista per evitare condotte opportunistiche del debitore, che si volesse liberare rapidamente delle sue obbligazioni. Il liquidatore ha l’amministrazione dei beni che compongono il patrimonio di liquidazione.

Egli esercita ogni azione volta a conseguire la disponibilità dei beni da liquidare ed al recupero dei crediti del debitore (è, tuttavia, dubbio se il liquidatore possa esperire azioni revocatorie ordinarie). Del patrimonio da liquidare fanno parte i beni e crediti sopravvenuti nel quadriennio successivo al deposito della domanda di ammissione alla procedura. Non ne fanno parte i crediti ed i beni impignorabili e le attività destinate al mantenimento del debitore e della sua famiglia. I creditori posteriori alla pubblicità della procedura liquidatoria non possono aggredire i beni della liquidazione. Sono prededucibili i crediti sorti in occasione o in funzione della liquidazione. Le vendite e gli atti di liquidazione sono effettuati dal liquidatore con procedure competitive, anche avvalendosi di soggetti specializzati, sulla base di stime effettuate da esperti, ad eccezione dei beni di modico valore, assicurando adeguate forme di pubblicità, la massima informazione e partecipazione degli interessati. Prima della conclusione delle operazioni di vendita, il liquidatore informa degli esiti il debitore, i creditori ed il giudice.

Se ricorrono gravi e giustificati motivi, il giudice può sospendere con decreto motivato gli atti di esecuzione del programma di liquidazione. Il liquidatore può subentrare in procedure esecutive pendenti alla data di apertura della procedura. Il legislatore non ha apprestato un sistema di controlli sull’operato del liquidatore, se non alla conclusione della liquidazione, come è dimostrato dal fatto che il giudice non approva il programma di liquidazione. Naturalmente, sia il debitore, che i creditori potranno attivarsi provocando l’intervento del giudice. Concluse le vendite, ricompare il giudice, che, sentito il liquidatore e verificata la conformità degli atti dispositivi al programma di liquidazione, autorizza lo svincolo delle somme, ordina la cancellazione della trascrizione del pignoramento e delle iscrizioni relative ai diritti di prelazione, nonché di ogni altro vincolo, della trascrizione del decreto di apertura della procedura e la cessazione di ogni forma di pubblicità disposta.

  1. L’ESDEBITAZIONE o FRESH START (art. 14-terdecies)

L’esdebitazione è ammessa per il debitore persona fisica e nei soli casi in cui si sia proceduto alla liquidazione. L’esdebitazione non è prevista all’esito dell’accordo o del piano, in quanto l’effetto liberatorio è assicurato dal consenso prestato dalla maggioranza dei creditori e dall’efficacia generale della procedura nei confronti di tutti i creditori. L’art- 14-terdecies precisa che l’esdebitazione riguarda i creditori concorsuali per la parte non soddisfatta dei loro crediti.
L’esdebitazione è preclusa al debitore che abbia contribuito a causare l’indebitamento, con condotta colposa, che non abbia collaborato alla soluzione della propria crisi, che abbia compiuto atti distrattivi o pagamenti preferenziali. Il beneficio è concesso a condizione che:
A. il debitore abbia cooperato allo svolgimento della procedura, fornendo informazioni e documenti utili,
B. il debitore non abbia ritardato lo svolgimento della procedura,
C. il debitore non abbia beneficiato di altra esdebitazione negli otto anni precedenti la domanda,
D. il debitore non sia stato condannato per uno dei reati previsti dall’art. 16,
E. il debitore, nei quattro anni successivi al deposito della domanda di liquidazione, abbia svolto un’attività produttiva di reddito, abbia cercato un’occupazione e non abbia rifiutato proposte d’impiego senza giustificato motivo, F. i creditori con titolo e causa anteriori al decreto di apertura della liquidazione siano stati almeno in parte soddisfatti.

L’esdebitazione non opera:
G. per i debiti derivanti da obblighi alimentari e di mantenimento,
H. per i debiti da risarcimento dei danni per fatto illecito extracontrattuale, per le sanzioni penali ed amministrative di carattere pecuniario, se non accessorie a debiti estinti,
I. per i debiti fiscali che, pur avendo causa anteriore al decreto di apertura delle procedure di sovraindebitamento, siano stati accertati successivamente.

Quanto al rito, la competenza spetta al tribunale in composizione monocratica, che decide nelle forme del rito camerale, al quale si rinvia. La disciplina ricalca quella dell’esdebitazione fallimentare: ricorso del debitore interessato entro l’anno successivo alla chiusura della liquidazione, decreto del giudice, sentiti i creditori non integralmente soddisfatti e verificata la ricorrenza delle condizioni di ammissibilità, che dichiara inesigibili nei confronti del debitore i crediti non soddisfatti integralmente.

  1. GLI ORGANISMI DI COMPOSIZIONE DELLA CRISI (c.d. OCC, art. 15)

Gli Organismi hanno un’importanza centrale nei procedimenti di composizione della crisi da sovraindebitamento. Il loro ruolo è molteplice: aiutano il debitore nella presentazione del piano o nella liquidazione del patrimonio, verificano completezza ed adeguatezza della documentazione, decidono delle eventuali contestazioni, tengono i rapporti con le autorità fiscali, col giudice ed eseguono l’accordo e il piano. Gli OCC devono dare garanzia di indipendenza, professionalità, adeguatezza patrimoniale; gli organismi sono iscritti in un registro tenuto presso il Ministero della Giustizia. Il D. m. 24 settembre 2014, n. 202 ha disciplinato i requisiti e le modalità di iscrizione nel registro, la disciplina della formazione dell’elenco, la sua revisione, l’iscrizione, la sospensione, la cancellazione degli iscritti, i compensi ed i rimborsi spese loro spettanti a carico di chi ricorre alle procedure di composizione (il decreto, in vigore dal 28 gennaio 2015, si trova in Gazz. Uff. 27 gennaio 2015, n. 21). I soggetti che possono costituire gli Organismi sono enti pubblici (e privati), nonché professionisti e società tra professionisti, che possono essere nominati curatori, nonché i notai, tutti nominati su istanza del debitore dal Presidente del Tribunale.
L’istanza del debitore per la nomina del professionista deve necessariamente precedere il deposito della proposta di accordo o di piano, posta la funzione ausiliaria di tali organismi o professionisti (Trib. Cremona, 17 aprile 2014, www.ilcaso.it e Trib. Ivrea, 21 marzo 2013, ivi).
Gli organismi hanno funzioni pubblicistiche; oltre a quanto previsto dagli artt. 11 (raggiungimento dell’accordo di composizione della crisi-ricevimento e verifica delle dichiarazioni dei creditori), 12 (relazione sull’omologazione dell’accordo e attestazione sulla fattibilità del piano), 13 (risoluzione delle difficoltà nell’esecuzione dell’accordo e vigilanza sul suo adempimento), gli OCC:
a) assumono ogni opportuna iniziativa funzionale alla predisposizione del piano, al raggiungimento dell’accordo ed alla sua buona riuscita, collaborando con debitore e creditori,
b) verificano la veridicità dei dati contenuti nella proposta del debitore e nei documenti allegati,
c) eseguono le pubblicità e le comunicazioni disposte dal giudice nell’ambito dei tre procedimenti di composizione,
d) su disposizione del giudice, svolgono le funzioni di liquidatore e di gestore del patrimonio oggetto del piano.

Scorrendo le numerose funzioni pubbliche attribuite agli OCC, appare evidente la loro eterogeneità e complessità, nonché l’intreccio di compiti – quali la consulenza al debitore, l’ausilio al giudice ed il controllo nell’interesse dei creditori – che può essere fonte di potenziali conflitti d’interesse e di sovrapposizione di ruoli, ad esempio, in relazione alla soluzione delle eventuali difficoltà insorte nell’esecuzione dell’accordo: se per risolvere queste difficoltà, si dovesse interpretare l’accordo, l’OCC deputato a intervenire, ex art, 13, co. 2, sarebbe lo stesso che organismo che ha contribuito a redigere e formare l’accordo medesimo ex art. 7, co. 1 (PELLECCHIA, op. cit., 546). Resta, comunque, il ruolo fondamentale assegnato dalla legge agli OCC, la cui istituzione va collocata nel contesto della crescente fiducia riposta dal legislatore negli strumenti alternativi di risoluzione delle controversie. La reputazione, che gli organismi dovranno acquisire, di affidabilità, professionalità ed efficienza inciderà in maniera decisiva sul funzionamento e successo delle nuove procedure.

Antonio Donvito (antoniodonvito@studiolegaledonvito.it)

***

BIBLIOGRAFIA

E. PELLECCHIA, Primi provvedimenti sulle procedure di composizione delle crisi da sovraindebitamento: in particolare, il piano del consumatore, in Banca borsa, tit. cred., 2014, II, 543;
F. DI MARZIO-F. MACARIO-G. TERRANOVA, La “nuova” composizione della crisi da sovraindebitamento, in Il civilista (Officina del diritto), Milano, 2013;
L. PANZANI, La composizione della crisi da sovraindebitamento, in www.treccani.it/magazine/diritto;
L. PANZANI, Composizione della crisi da sovraindebitamento, in Nuovo dir. Soc., 2012, 1, 9;
A. GUIOTTO, La nuova procedura per l’insolvenza del soggetto non fallibile: osservazioni in itinere, in Fall., 2012, 21;
N. BOTERO, F. MAZZI, Speciale D.L. Sviluppo-bis – l’ammissione al procedimento di composizione della crisi da sovraindebitamento: un primo commento, in Il fallimentarista, 2013, 6; F. LAMANNA, Composizione delle crisi da sovraindebitamento: poteri e funzioni del Tribunale, in Il fallimentarista, sez. Focus e approfondimenti;
CONSIGLIO NAZIONALE DEL NOTARIATO, Il procedimento per la composizione delle crisi da sovraindebitamento di cui alla legge n. 3 del 27 gennaio 2012, Studio n. 25-2012/E, in www.notarlex.it; L. del FEDERICO, Gli aspetti fiscali della procedura, in Fall., 2012, 1122; I. PAGNI, (procedura delle crisi da sovraindebitamento) Procedimento e provvedimenti cautelari e conservativi, in Fall., 2012, 1063;
G. LO CASCIO, La composizione delle crisi da sovraindebitamento (introduzione), in Fall., 2012, 1021;
M. FABIANI, Crescita economica, crisi e sovraindebitamento, in Corr. Giur., 2012, 449; A. CAIAFA, La composizione delle crisi da sovraindebitamento, in Dir. Fall., 2012, I, 413.

MATERIALI

LEGGE 27 GENNAIO 2012, N. 3 (testo in vigore dal 18 gennaio 2013);
NOTE OPERATIVE IN MATERIA DI SOVRAINDEBITAMENTO DEL TRIBUNLE DI VICENZA, 8 luglio 2013, in www.ilcaso.it;
GLI ITALIANI E LA SOSTENIBILITA’ DEI DEBITI, INDAGINE IPR 6 FEBBRAIO 2013, in www. Iprmarketing.it;
BANCA D’ITALIA, La ricchezza delle famiglie italiane, in SUPPLEMENTI AL BOLLETTINO STATISTICO, Anno XXII, 13 dicembre 2012, n. 65, in www.bancaditalia.it;
BANCA D’ITALIA, Which households use consumer credit in Europe?, in QUESTIO DI ECONOMIA E FINANZA (occasional papers), july 2011, n. 100, in www.bancaditalia.it; CAMERA DEI DEPUTATI, Indagine conoscitiva sul credito al consumo, Comm. VI Finanze, 11 novembre 2009, in www.camera.it.

SEGUICI:

aRTICOLI CORRELATI